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Michela Murgia, la teoria queer e l'incontrovertibile legge della natura

Donato Velleca • ago 13, 2023

La Murgia ha detto: “Sposo un uomo, ma poteva essere anche una donna”. Alla fine ha scelto un uomo e il motivo c'è. Non solo per una questione estetica o fisica, ma anche di qualità e personalità che una donna vede nel maschile, perché non c’è teoria del gender che tenga: alla fine cerchiamo sempre ciò che ci manca e ci completa.

Michela Murgia è stata una scrittrice e blogger di sinistra, drammaturga e opinionista politica attenta ai diritti civili del mondo arcobaleno. La sua morte e il suo matrimonio "controvoglia" definito dalla stessa uno strumento patriarcale e

limitato che limita le diverse idee di famiglia che si possono avere, ha destato nell'opinione pubblic
a curiosità e perplessità. La Murgia ha detto: “Sposo un uomo, ma poteva essere anche una donna”. Alla fine ha scelto un uomo e il motivo c'è. Non solo per una questione estetica o fisica, ma anche di qualità e personalità che una donna vede nel maschile, perché non c’è teoria del gender che tenga: alla fine cerchiamo sempre ciò che ci manca e ci completa. Ne abbiamo bisogno più dell’aria. La Murgia aveva scelto di vivere in modo "queer" e aveva creato una "famiglia" sul modello di tale "teoria". Queer è un termine generico utilizzato per indicare coloro che non sono eterosessuali e/o non sono cisgender.


È un termine della lingua inglese che tradizionalmente significava "eccentrico", "insolito" "di traverso".

Quando scrive che venerare l’immutabilità significa condannarsi alla sofferenza, perché nessuno è immutabile, dice che è il cambiamento che ci salva: «La queerness, che è una pratica della soglia, accoglie il cambiamento come strutturale. Se non cambia, anzi, se pretende di non cambiare, il rapporto non è queer e nasconde al suo interno strumenti di oppressione. Quando scrive che sarebbe ora di piantarla di considerare la genitorialità come un fatto di sangue, secondo il suo credo dice la pura verità, e non è la sola a farlo: «Il primo marcatore della queerness è la generazione di volontà, la capacità non di “riprodursi”, banalmente animalesca, ma di moltiplicarsi, un verbo che relega il sangue a una delle possibilità di essere e restare umani, ma non l’unica e forse alla fine neanche la migliore possibile».


Il termine queer è stato riconosciuto dalla comunità LGBT ed è pertanto stato inserito, insieme ad altre definizioni, negli acronimi utilizzati dalla comunità LGBTQ. La "teoria queer" ha sviluppato progressivamente diverse correnti di pensiero, specificatamente di sinistra e come contrapposizione e atto politico nei confronti della famiglia "borghese" circa l'adozione, la fecondazione assistita, l'utero in affitto e il concetto di "genitorialità". La legge italiana parla chiaro e permette l’adozione solo ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni tra i quali non sussista separazione personale neppure di fatto.. Questo esclude le coppie omosessuali che non hanno accesso al matrimonio, eppure, secondo le ultime indagini la maggioranza degli italiani si dice favorevole al matrimonio egualitario e sostiene la legalizzazione delle adozioni per le coppie omosessuali.


La società italiana sembra pronta a un passaggio che è già realtà in molti stati europei e la posizione del CIAI (Centro Italiano Aiuti all'Infanzia) è l'ennesima conferma della necessità di ampliare la visione di famiglia che penalizza tante persone: coppie, aspiranti genitori, ma soprattutto bambini che potrebbero ricevere l'amore che meritano. Il termine utero in affitto viene usato come sinonimo di gestazione per altri con una connotazione ulteriore che esprime nel termine “in affitto” il pensiero che il corpo della donna venga usato per trarre profitti o sfruttato economicamente. Un concetto che allude ad un compenso economico e/ o rimborso spese. Per utero in affitto quindi si intende un accordo fra due o più parti, in virtù del quale una donna si impegna, dietro compenso a farsi impiantare un ovulo fecondato al fine di portare a termine una gravidanza per conto di uno o più committenti e a consegnare loro il bambino dato alla luce rinunciando a ogni diritto su di esso. Riesco anche a comprendere i cambiamenti sociali e l'evoluzione umana, le istanze politiche e la ricerca della libertà individuale, ma di una cosa sono certo: l'umanità, e intendo l'uomo nella sua complessità di spirito e corpo è e resterà la stessa fine alla fine dei giorni .


A tal proposito concludo con le parole di Alberto Frigerio in Morale coniugale: “Intendere l’amore in termini meramente pulsionali o sentimentali è infatti decisamente riduttivo, tanto nei confronti dell’amante quanto nei confronti dell’amato. Per quanto concerne l’amante, va rilevato che il corredo pulsionale e la sfera emozionale non vanno isolati dall’essere personale a cui appartengono, e dunque non sono interpretabile in termini meramente biologici e psichici, ma vanno integrati con la dimensione razionale e volitiva. Per quanto concerne l’amato, va rilevato che non può essere usato come mezzo al pari delle cose, ma va riconosciuto nella sua unicità come bene fondamentale e dunque trattato sempre anche come fine, secondo quanto espresso dalla norma personalista, d’ispirazione kantiana. L’inadeguatezza di una concezione pulsionale o sentimentale dell’amore umano, è bene precisarlo, non conduce a squalificare la pulsione e il sentimento, ma chiede piuttosto di porli e leggerli in una visione integrata della persona”

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