Le regole per guidare il monopattino elettrico

Felice Nappi • 30 aprile 2022

Le regole per guidare il monopattino elettrico in sicurezza

di Felice Nappi


 

Il monopattino elettrico non è considerabile un vero e proprio mezzo di trasporto ma un acceleratore di andatura , Con la legge del 28 febbraio 2020, in vigore dal 1° marzo 2020 (la quale apporta modifiche al decreto-legge 20 dicembre 2019 n. 162), il Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno ha disciplinato la circolazione su strada dispositivi per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica, quindi, assieme a segway, hoverboard e monowheel, anche dei monopattini elettrici, anche al di fuori dell’ambito della sperimentazione.


In base a quanto già stabilito dall’art.1 c.75 della legge 160/2019, vengono fissate le caratteristiche alle quali, il monopattino elettrico, viene paragonato ad un velocipede. Non ad un piccolo motorino, dunque, ma ad una bicicletta.

Nello stesso art.1 c.75 della legge 160/2019 viene affrontata la problematica relativa alla circolazione che, per effetto del sopra citato paragone con i velocipedi, non deve essere soggetta a particolari prescrizioni relative ad omologazione, approvazione, immatricolazione, targatura o copertura assicurativa.


Ma, per la corretta circolazione su strada, un monopattino elettrico ha la necessità di corrispondere ad alcune caratteristiche:

  • Il monopattino elettrico deve avere un motore elettrico di potenza nominale continua (avere cioè un motore che è in grado di erogare una potenza in modo continuativo nel tempo in condizioni elettriche e meccaniche di normale utilizzo) non superiore a 0,50 kW (500 Watt).
  • Il monopattino elettrico può essere fatto circolare solo su strade urbane di limite di velocità fissato a 50 km/h, dove cioè è consentita anche la circolazione dei velocipedi. Rimangono interdette alla sua circolazione, così come alla circolazione di tutti i velocipedi, tutte le strade urbane con limite di velocità fissato ad una velocità superiore a 50 km/h, come ad esempio le strade urbane a scorrimento veloce.
  • Il monopattino elettrico non deve essere in alcun modo dotato di posti a sedere per l’utilizzatore, in quanto questi dispositivi sono pensati per essere utilizzati con postura “in piedi”.
  • Il monopattino elettrico deve essere dotato di una velocità limitata, che non consenta cioè allo stesso di superare i 25 km/h durante la circolazione sulla carreggiata stradale, ed i 6 km/h durante la circolazione nelle aree pedonali.
  • Il monopattino elettrico deve essere dotato di campanello per le segnalazioni acustiche, esattamente come lo deve essere un qualsiasi altro velocipede.
  • Il monopattino elettrico deve riportare la marcatura “CE” prevista per legge dalla direttiva 2006/42/CE. Tale documento non deve essere sempre portato con sé dal conducente ma, la Polizia Stradale, in caso di dubbi sulla conformità del mezzo, potrà riservarsi di chiedere l’esibizione del citato documento in conformità con l’art. 180, comma 8, CdS.
  • Il monopattino elettrico, da mezz’ora dopo il tramonto, durante tutto il periodo di buio e durante il giorno qualora le condizioni atmosferiche lo richiedano, deve essere equipaggiato con luci bianche o gialle anteriori e con luci rosse e catadiottri posteriori per consentire la corretta segnalazione luminosa. In mancanza di questi requisiti, il monopattino elettrico dovrà essere soltanto condotto o trasportato a mano.

Secondo le regole e le norme previste per condurre il monopattino elettrico, specie secondo l’art.1 c.75 della legge 160/2019, il casco deve essere indossato soltanto se alla guida si trova un minorenne. I monopattini elettrici possono quindi essere guidati anche da conducenti minorenni, i quali sono però obbligati all’utilizzo dell’idoneo casco di protezione.

Quest’obbligo differisce da quelli richiesti ai minorenni per la conduzione di altri velocipedi a causa della maggiore pericolosità del monopattino elettrico rispetto alla bicicletta. All’interno del c.75 si va a porre in risalto il termine “idoneo” in quanto, come casco “non idoneo” si intende quando per completa protezione alla testa.


  • Il casco deve essere “resistente allo scalzamento”, nel senso che il casco deve rimanere ben adeso al capo anche a fronte di forze esterne che tendono a scalzarlo
  • Il casco deve avere la capacità di assorbire gli urti, nel senso che il casco deve apparire integro, senza fratture, fessurazioni o profonde abrasioni della superficie
  • Il casco deve avere dimensioni aderenti a quelle del capo del conducente, nel senso che deve essere di adeguata misura così da riuscire a proteggere effettivamente le varie parti sensibili della testa, mantenendosi sempre nella posizione di protezione.

 

Se il casco è provvisto di omologazione di qualsiasi tipo, come l’omologazione per la strada o

 

l’omologazione per ambiti sportivi in cui è necessario proteggersi il capo da eventuali urti, allora è da considerarsi idoneo in quanto ha già superato i test previsti dalla normativa.

 

 


Share

Tutti gli articoli

Autore: Marianna Marra 14 novembre 2025
L’incantesimo si è svolto in un bignami di vite vissute che hanno fatto la storia della tradizione e tuttora fanno scuola all’innovazione.
Autore: Redazione 6 novembre 2025
Comunicato Stampa: LINA E LE ALTRE
Autore: Felice Massimo De Falco 3 novembre 2025
Anna Poerio Riverso non scrive una biografia: tesse un arazzo familiare dove ogni filo è un documento inedito, ogni nodo un’emozione trattenuta. Con rigore accademico e pudore affettivo, l’autrice ci guida tra lettere autografe, poesie manoscritte, atti processuali, fino a farci toccare la carta ingiallita su cui Carlo, incatenato, annotava: «La catena è pesante, ma più pesante è il silenzio di chi sa e tace». In sole 128 pagine, dense come un distillato di storia vissuta, il volume si articola in capitoli che si intrecciano come i rami di un ulivo secolare, radicato nel suolo meridionale proteso verso l’epica nazionale. Ma un solo luogo accoglie per sempre i resti di una Famiglia di Patrioti: Pomigliano d’Arco. Potremmo chiamare Pomigliano in mille modi: Stalingrado del Sud per le sue lotte operaie, città di solerti lavoratori, terra di grandi figli come il presidente della Repubblica Giovanni Leone e tanti altri. Ma quando il sole tramonta dietro il Vesuvio e il vento passa tra le croci del cimitero, Pomigliano d’Arco resta la città dei Poerio e degli Imbriani. Perché qui non è sepolto solo il loro corpo: è sepolta la parte migliore di noi.
Autore: Giovanni Amitrano 23 ottobre 2025
"Chi come me ha attraversato grandi difficoltà mi affascina perché dentro di sé custodisce un sapere che non si trova nei libri: quello di chi ha sofferto, ha resistito e, nonostante tutto, ha continuato a vivere".
Autore: Valentina Manon Santini 23 ottobre 2025
Mercificare il dolore significa offendere tutte le donne che hanno subito davvero violenza — nelle mura domestiche, negli affetti, sul posto di lavoro. Anche chi, come me, ha conosciuto la violenza psicologica: la minaccia di isolamento, il tentativo di ridurti al silenzio, il ricatto sottile che ti vuole annientare, di chi ti dice “ti faccio terra bruciata, non lavorerai più. Questa è pornografia del dolore.
Autore: Felice Massimo De Falco 22 ottobre 2025
In un mondo che corre affannosamente verso l’oblio, dove il tempo divora le tracce dell’esistenza umana come un fiume in piena, Vera Dugo Iasevoli emerge come una guardiana della memoria collettiva. In questo libro, la professoressa non solo documenta fatti, ma infonde un’anima esistenzialista: il cimitero è “un silenzio che parla”, un “dormitorio” in attesa dell’alba eterna, un monito contro l’oblio. Valorizzando Pomigliano d’Arco – terra di patrioti, fede e resilienza – e i suoi avi, l’autrice ci invita a camminare tra le lapidi non come visitatori, ma come eredi di un’eredità immortale. Un’opera avvincente, essenziale per chi cerca radici nel flusso dell’esistenza: sì, si può fare, e si deve leggere.
Autore: Felice Massimo De Falco 5 ottobre 2025
In un’epoca in cui l’essere umano si riduce a un curriculum di successi effimeri, Vincenzo Siniscalchi emerge dal racconto di Domenico Ciruzzi non come un avvocato illustre – il “Maradona del codice penale” , potremmo definirlo con un’immagine che evoca dribbling geniali tra le maglie intricate della legge –, ma come un’esistenza autentica, un Sisifo napoletano che spinge il suo macigno non su per la collina del Palazzo di Giustizia, ma attraverso i vicoli della condizione umana, senza la paura di rotolare giù.
Autore: Redazione 19 settembre 2025
«Io non so perché mi sta succedendo questa cosa, so soltanto che ogni volta che guarisco qualcuno perdo un senso».
Autore: Marianna Marra 30 agosto 2025
Il film non si limita a rappresentare un caso isolato, ma dispiega inevitabilmente il racconto di realtà drammatiche più ampie che, con minuzia di particolari e sfumature emozionali, si fanno corpo e carne attraverso lo schermo.
Autore: Redazione 7 agosto 2025
Sorella Morte è un romanzo che sfida il lettore a confrontarsi con il mistero della vita e della morte, intrecciando il razionale e l’irrazionale in una narrazione avvincente. Il romanzo lascia una domanda esistenziale che risuona oltre le sue pagine: Se il male è un’eredità che scorre nel sangue, possiamo davvero sfuggire al nostro destino, o siamo condannati a ripetere gli errori dei nostri antenati?
Altri post