Nero - di Giovanni Esposito - 27ª edizione del Festival Internazionale INVENTA UN FILM

Marianna Marra • 30 agosto 2025

Il film non si limita a rappresentare un caso isolato, ma dispiega inevitabilmente il racconto di realtà drammatiche più ampie che, con minuzia di particolari e sfumature emozionali, si fanno corpo e carne attraverso lo schermo.

In un borgo dalle fattezze medievali, le case sorgono sonnacchiose, arroccate sulle pendici dei monti Ausoni. Ma al rifiorire delle inule, da cui il borgo ha preso il nome, quel torpore invernale si fa tepore, i camini si spengono, le coperte vengono riposte per accogliere le estati di cotone e le genti, dai gusci, si riaffacciano agli usci.

Lenola, dal cui Colle si può godere di una vista paesaggistica impareggiabile, si dischiude a sud sul Mar Tirreno e sulla Piana di Fondi, mentre a nord-est sul Monte Circeo, un cantuccio che si intinge nelle acque di Ulisse e della maga Circe. Lenola è una colazione di altri tempi, tutti insieme; non è noia, ma è rispetto delle priorità dettate dal tempo delle stagioni e dalle stagioni degli uomini, è uno spazio dove convivono storia, mitologia e spiritualità.


Nella città di Lenola si è svolta la  27ª edizione di “INVENTA UN FILM”, il Festival Internazionale  organizzato dall’Associazione Culturale Cinema e Società, ideato e diretto da Ermete Labbadia.

È il 1998 quando Ermete Labbadia, con mano paziente e animo fervente, inizia a tratteggiare, con un semplice bastoncino di grafite, lo schizzo della sua fantasticheria. Disponendo di un budget di sole 15.000 lire, sceglie di stampare i primi volantini pubblicitari e di invogliare i filmmaker del luogo a inviargli i propri lavori. Questa fiaba, dall’atmosfera vintage, inizia con la consegna a mano di sei VHS. Labbadia, con sagacia e resilienza, riesce a scrivere un pezzo di storia che sembra esso stesso un film: quello di portare il cinema indipendente in un borgo di 4.000 anime dove tutt'ora si vive in una meravigliosa ampolla atemporale, quasi presepiale. Qui il ritmo lento riesce ancora a scandire le sue priorità biologiche, a favorire la longevità e la socializzazione.

INVENTA UN FILM” non solo è il più antico Festival di cortometraggi in Italia, ma è attualmente il Festival Internazionale che vanta più sezioni competitive, addirittura 21, di cui 17  dedicate all'audiovisivo  e 3 alla letteratura.

La kermesse, come ogni anno, si è tenuta a pochi passi dalla Basilica Santuario Maria Santissima del Colle, elevata da Santuario a Basilica Pontificia minore da Papa Francesco il 21 marzo 2015 ed edificata a seguito della conversione del giovane Gabriele Mattei, nato a Lenola nel 1579, poscia l’apparizione mariana del 14 settembre 1602.

«Fermati, non temere, tu mi hai chiamata! Convertiti, sali questo Colle, troverai la mia Immagine; voglio che tu mi costruisca un tempio, e il giorno della Consacrazione farò risplendere un prodigio che nei secoli testimonierà la mia presenza nel tuo paese». Disse la Santissima Madre di Gesù durante un'apparizione a Gabriele Mattei. «Sarà chiamato Santuario della Madonna del Colle».

«[...] Il Colle scelto da Maria si anima di popolo, accorso anche dai paesi vicini dove era giunta la lieta notizia [...]».

Quel Colle, oggi come allora, si rinvigorisce di pellegrini giunti da ogni dove e lo fa attraverso la eco di una litania che, come già in epoca precristiana, invoca aiuto per un ritorno a un mondo che sappia riscoprire il valore della comunità e dell’umanità. Lenola, grazie ai suoi nuovi cantori, quelli del cinema indipendente, pur conservando con interezza i suoi lineamenti di borgo ovattato, diviene un moderno polo di attrazione per intercessione dell’arte che si fa strumento di un potente messaggio che richiama a sé aggregazione, riflessione e bellezza.

È proprio sul Colle, e più precisamente nell’Anfiteatro Marino De Filippis, che si è svolta l’ultima edizione del Festival INVENTA UN FILM. Quest’anno, nella categoria dei lungometraggi, è stata presentata, tra le altre, la candidatura del film “Nero” di Giovanni Esposito. Prodotto da Bartleby Film, Pepito Produzioni, Run Film e Rai Cinema.

La realizzazione dell’opera prima come regista di Giovanni Esposito si erge su degli archi rampanti che la mettono al riparo da ogni sorta di smottamento e crollo, su una sceneggiatura: «Molto solida», elemento fondamentale per la buona riuscita di un film; scritta da Valentina Farinaccio, scrittrice di romanzi e vincitrice del Premio Rapallo, Francesco Prisco, giornalista e scrittore, e dallo stesso Esposito. Il film  Nero ottiene 3 premi: a Giovanni Esposito quello di migliore attore nel ruolo di Nero, a Susy Del Giudice quello di migliore attrice nel ruolo di Imma, sorella di Nero. Inoltre, il film riceve il premio Sceneggiatura Dario Gorini”.

Il cast, arricchito dalla compartecipazione di grandi professionisti, diviene un richiamo corale grazie anche al lavoro di: Peppe Lanzetta, Alessandro Haber, Cristina Donadio, Marius Bizau, Anbeta Toromani, Giovanni Calcagno alle musiche di Giordano Corapi, alla scenografia di Luigi Ferrigno e alla fotografia in stile crudo e particolareggiato tipica di Daniele Ciprì.

Personalmente, conoscendo molto bene il luogo, la sua storia e apprezzandone fortemente il fascino, non ho potuto non cogliere le straordinarie omologie tra il personaggio di Paride, detto Nero, del film di Giovanni Esposito e il Beato Gabriele Mattei, fondatore della Basilica del Colle di Lenola.


Affinità tra i personaggi e legame con il divino:

Gabriele Mattei: orfano di genitori, vive con sua sorella. 

Nero: orfano di genitori, vive con sua sorella Imma.

Gabriele: teppistello di paese, era stato scelto per uccidere. 

Nero: piccolo criminale di periferia, delinque per garantire il sostentamento e le cure necessarie alla sorella malata, ritrovandosi, senza volerlo, a uccidere un uomo.

Gabriele: molto vicino a compiere l’insano gesto, si converte. 

Nero: a seguito della sfortunata vicenda, smette di delinquere.

Entrambi: in conseguenza di un evento traumatico, portano su di sé la grazia e il fardello di un miracoloso prodigio che non hanno chiesto e che metamorfosa il corso del proprio destino e non soltanto.

Gabriele: per intercessione divina, diviene un guaritore. 

Nero: «Io non so perché mi sta succedendo questa cosa, so soltanto che ogni volta che guarisco qualcuno perdo un senso».

Le due esistenze patiscono l'incredulità, la calunnia, la derisione e il giudizio morale, similarmente a quello inflitto al Cristo sulla croce  “Gesù Nazareno, Re dei Giudei”, colui che si professa il figlio di Dio ma non può sfuggire alla propria morte inchiodato a un legno.

Nero: incassa l’imprudenza di un verdetto popolare che si fa immediatamente colpa: «Se è vero che fai miracoli perché non hai guarito tua sorella?».

Gabriele: si spoglia di ogni bene e vanità morale rinunciando a sé stesso per dedicarsi, in un viaggio durato tre anni, al reperimento dei fondi necessari alla costruzione del Santuario della Madonna del Colle (per richiesta di Maria Santissima). Durante il viaggio, diversi sono i miracoli che vengono attribuiti a Mattei, come quelli avvenuti attraverso il semplice infuso di bacche di cipresso con cui il Beato riesce a guarire un giovane della nobile famiglia Stigliano di Napoli e il figlio di quella dei Taglietti di Roma. Ambedue le famiglie, per grazia ricevuta, elargiranno ingenti somme di danaro destinate all’edificazione del Tempio. Tornato al Colle, Gabriele Mattei viene dapprima venerato, poi accusato di speculazione e, sul sagrato del “suo” stesso Santuario, in seguito, cruentemente ucciso.

Nero: per amore e con solerzia sacrifica la propria esistenza per donarsi in modo totalizzante alla cura di sua sorella Imma (affetta da non precisati disturbi mentali) e per ciascuno dei miracoli che compie subisce la mutilazione progressiva dei suoi cinque sensi, perdita che diviene allegoria di confine tra il donarsi e l’annullarsi, tra l’accogliere e l’implodere e che sottolinea l’incompatibilità pratica nel conservare sé stessi integri e illesi in un contesto di amore che, in assenza di sani confini, diviene, per urgenza, codipendenza affettiva.


La figura di Imma:

Imma, seppur nel suo disagio mentale, porta con sé un senno antico e poetico, quello che molti altri, nel pieno delle loro facoltà, sembrano aver perduto.

Imma è mutismo e verbosa umanità insieme, è disperazione, paura e poi incanto con la quiete della sua dolcezza che non necessita di argomentazioni.

Imma è un meraviglioso cavalluccio a dondolo rimasto incastrato nelle stanze della propria mente, e che oscilla tra angoscia e impotenza in un mondo affetto da udito selettivo. Ma Imma è anche un sorriso all’improvviso, e una lattea gota in cerca di carezze di velluto, pure quando la sua logica viscerale sembra volere allontanare.

Di Imma, Susy Del Giudice, magistrale interprete, dice: «Mi è rimasta addosso anche la sua angoscia perché Imma sembra sapere tutto»; e di quel tutto… stipare e sedimentare profondamente, aggiungerei io.

Il film di Giovanni Esposito commuove e invita non soltanto a riflettere, ma a riconsiderare sotto nuova luce. È un messaggio poderoso di amore disfunzionale che evidenzia i codici etici non verbalizzati, e quindi taciti, di una famiglia in affanno che cerca a suo modo di sopravvivere. Il film non si limita a rappresentare un caso isolato, ma dispiega inevitabilmente il racconto di realtà drammatiche più ampie che, con minuzia di particolari e sfumature emozionali, si fanno corpo e carne attraverso lo schermo. È la diapositiva di un’urgenza supportiva troppo spesso sottovalutata e dimenticata che, grassetta, con romanticismo e afflizione, l’abnegazione non indennizzabile della figura del caregiver, rimarcando attraverso la solitudine, la disperazione e la sopraffazione l’incompiutezza assistenziale dello Stato.

Nero, il film di Giovanni Esposito, dopo un tour in presenza in giro per l’Italia fatto di incontri dal vivo dei suoi protagonisti con il pubblico, vi aspetta in sala con ulteriori proiezioni anche nel mese di settembre e ottobre.

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