Intervista a Dacia Maraini di-Marianna Marra
"Uno Stato laico deve dare ai cittadini la possibilità di decidere della dignità della propria vita e della propria morte."

Intervista a Dacia Maraini – libro "Vita Mia".
Moltissimi sono gli spunti ricchi di erudizione offerti nel suo libro, "Vita Mia". Un racconto di multiforme ingegno in cui si incontrano storia, letteratura, musica, poesia, immaginazione, prigionia, vita e morte. Ma soprattutto si incontra dignità.
Lei scrive: "Ho avuto molte difficoltà ad affrontare questo argomento doloroso. Ora sento che devo farlo, vincendo una ritrosia interiore, una timidezza che so di condividere con molti altri ex internati. Da una parte si vorrebbe dimenticare ciò che non si può dimenticare, soprattutto quando si sente che circola e si diffonde un sentimento di irritazione e di stanchezza verso la memoria, un sentimento che sentiamo come offensivo e umiliante. Meglio tacere e chiudere in un cantuccio del cuore le spaventose esperienze del campo: questo suggerisce l'istinto conservativo. Ma un'altra voce, meno persuasiva e più irritante, invece sprona a parlare. A dire, a rammentare, a testimoniare."
“Ci sono coloro che piangiamo e coloro che non piangiamo. L’allocazione differenziale della possibilità di essere compianti è una condizione preliminare per la legittimazione della violenza di Stato”.
Lei come ex internata si sente difesa nella sua identità personale dallo Stato italiano?
Penso che stiamo vivendo dentro una cultura che scoraggia e censura la memoria, per inseguire una pratica di consumismo dai tempi sempre più rapidi e dall’attenzione sempre più ossessiva rivolta al presente, incurante del passato e conseguentemente del futuro. La memoria, in questo clima, diventa resistenza e forza etica.
Essendo il linguaggio non solo un mezzo per esprimere la conoscenza, ma anche uno strumento che la plasma e la organizza; e acclarata la relazione biunivoca che intercorre tra semantica linguistica e memoria semantica. Che ruolo gioca, secondo lei, il linguaggio della politica rispetto a questa correlazione?
Il linguaggio della politica è troppo spesso generico e convenzionale. La politica è troppo spesso legata a interessi immediati, e cieca di fronte alla costruzione del futuro.
- Il suo libro "Vita Mia" l'ho trovato generoso e gentile, ma come lei ha tenuto a specificare: "Non è un libro sulla sua vita", non soltanto almeno. È un libro che affronta con garbo, anche la sua esperienza di deportazione e internamento. Fosco e Topazia (i suoi genitori), insieme ai loro tre figli, furono giudicati traditori della patria per aver rifiutato di giurare fedeltà alla Repubblica di Salò, scegliendo così di attuare una resistenza morale contro il razzismo.
Nella società contemporanea, caratterizzata da un sovraccarico informativo, una significativa riduzione della soglia dell'attenzione, un aumento della disinformazione e nuove forme di polarizzazione, ritiene che sia più difficile, per un individuo, creare una coscienza morale?
Non direi che sia un male la varietà delle informazioni. Il pericolo sta nella concentrazione e nella riduzione del racconto pubblico a una voce sola. Considero un pericolo del presente, soprattutto per i giovani, il concentrarsi su una sola informazione, quella del cosiddetto social manipolato e spesso assolutamente inaffidabile.
- "Anche io, nelle mie riflessioni di bambina, ogni sera mi preparavo a morire. Mi ci ero quasi abituata. Pensavo a un sonno da cui non ci si sveglia, ma per lo meno tranquillo e senza i crampi della fame che mi impedivano di dormire."
Posso chiederle, con tutto il rispetto che sento di doverle per il suo percorso, e prendendo spunto dalle sue considerazioni di bambina, che cosa ne pensa del suicidio medicalmente assistito?
Noi siamo dentro una cultura cattolica che ha sempre condannato il suicidio partendo dal principio che la vita e la morte degli individui è decisa da Dio. Il Rinascimento e la Rivoluzione francese hanno rotto questa tradizione formulando il bellissimo principio dell’individuo cittadino libero e responsabile. Secondo questo principio il cittadino è libero di darsi la morte quando il suo corpo non risponde più a un minimo di libertà e la sua mente è occupata solo dal dolore. Chi crede che sia Dio a decidere della nostra vita e della nostra morte farà benissimo a rifiutare ogni forma di autodeterminazione, ma non potrà imporre a chi non crede la sua morale religiosa. Uno Stato laico deve dare ai cittadini la possibilità di decidere della dignità della propria vita e della propria morte. Dopo avere cercato naturalmente in tutti i modi di migliorare le sue condizioni.
- In "Vita Mia", lei fa una calcografia della sua infanzia nei campi di concentramento in Giappone. Sua madre, Topazia, fu una donna forte, capace di proteggere e indirizzare, con la sua concretezza e lucidità, lei e le sue sorelle alla sopravvivenza. Suo padre, Fosco, invece, con la scrittura delle sue poesie, abilmente nascoste in un orsacchiotto spelacchiato, seppe offrire, nel miasma di una mostruosa prigionia, un ancoraggio di vitalità, bellezza e cultura.
Quanto è stata indispensabile, per la sua sopravvivenza al campo, la coesione familiare? E quanto ha contato il potersi affidare a figure di attaccamento primario sicure, mature e consapevoli del ruolo genitoriale al quale erano chiamate a rispondere?
La coesione familiare, l’affetto, la solidarietà, le favole e i racconti sono stati importantissimi per resistere a quegli orrori. La sola cosa positiva di quella tragica esperienza è l’avere imparato a resistere a tutte le difficoltà, non con i pianti, le proteste, i capricci, ma coltivando il coraggio e l’attaccamento sereno alla vita.
- C'è un passo nel suo libro dove lei fa un parallelismo tra la figura di Santa Chiara d'Assisi e quella di sua madre, Topazia.
Quanto, più in generale, l’orientamento religioso, o l’umana e fallibile interpretazione di quest’ultimo, secondo lei, può incidere sulla corretta percezione delle cose, sul concetto di bene e male e su quello di gerarchia morale del dolore?
E’ una questione di amore e di fede. Due sentimenti che non si possono imporre. Ma chi li tiene nel cuore e si affida ad essi è fortunato. Io ho stima e rispetto per chi ha fede. Trovo che la fede diventi odiosa quando pretende di imporsi , di perseguitare e uccidere in suo nome.
Posso permettermi di chiederle se i traumi psicologici, causati dall'internamento nei campi di concentramento, hanno esercitato su di lei anche un influsso sul piano psicosomatico?
Non so cosa intenda per psicosomatico. Ma certamente i traumi ci sono stati e hanno segnato la mia vita. L’esempio dei miei genitori mi ha aiutato a non soccombere.
Come è riuscita a elaborare i suoi traumi in modo adattivo senza nuocere a sé stessa e senza nuocere agli altri?
Non lo so. Come ho detto, la tenuta sempre nobile e decisa di mia madre e mio padre mi ha aiutata molto.
- "Il sistema totalitario è sempre ben organizzato, soprattutto per quanto riguarda l'informazione. I giornali di opposizione erano stati tutti chiusi. Le radio erano di Stato e sotto un controllo ferreo."
Secondo l'ultimo rapporto dell'associazione Ossigeno per l'informazione, in Italia si contano 516 giornalisti minacciati, un record europeo; sono 270 i giornalisti sotto tutela, di cui 22 sotto scorta. Deteniamo anche il record mondiale di politici che denunciano i giornalisti.
Secondo lei, dal punto di vista della libertà di stampa e del giornalismo d'inchiesta, l'Italia sta rischiando di assumere le fattezze di un regime totalitario?
Per il momento per fortuna direi di no. Ci sono ancora molti giornali di critica e di opposizione, ma certo il pericolo sta dietro l’angolo. E’ più facile passare da una democrazia a un regime dittatoriale che il contrario, perché le dittature non hanno scrupoli a censurare e imprigionare l’avversario, mentre le democrazie hanno dei vincoli che non lo permettono.
Grazie per il dolore che ha coraggiosamente deciso di mettere a disposizione di tutti noi, come collettività. Grazie per avermi accordato la fiducia per poterla intervistare.
Grazie per essere intervenuta.
Con stima,
Marianna Marra.


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