Cognome al bambino: illegittimo dare automaticamente il cognome del padre

Francesco Urraro • 31 agosto 2022

Cognome al bambino: illegittimo dare automaticamente il cognome del padre

Diversi disegni di legge in discussione intervengono sulla disciplina civilistica relativa al cognome ai figli, permettendo, con diverse soluzioni, l'attribuzione anche del cognome materno.

Alcune delle proposte di legge poi intervengono anche sulla normativa civilistica relativa al cognome dei coniugi.


QUADRO NORMATIVO

Il diritto al nome trova riconoscimento a livello costituzionale nell'art. 22 Cost., secondo cui "nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza e del nome", da leggersi in combinato disposto con l'art. 2 Cost., che riconosce e garantisce in via generale i diritti inviolabili dell'uomo, tra i quali è pacificamente annoverato il diritto all'identità personale. Il nome, secondo la Corte costituzionale, "assume la caratteristica del segno distintivo ed identificativo della persona nella sua vita di relazione (...) accanto alla tradizionale funzione del cognome quale segno identificativo della discendenza familiare" (Sentenza n. 13/1994).

L'art. 6 del codice civile specifica che ogni persona ha diritto al nome comprensivo del prenome (ossia il nome) e del cognome, per i quali non sono ammessi cambiamenti o rettifiche se non nei casi e con le formalità richieste dalla legge.

Per quanto concerne più direttamente la questione relativa alla scelta del cognome l'ordinamento italiano non contiene una norma che disciplina espressamente l'attribuzione del cognome al figlio legittimo.

La trasmissione del patronimico sembra doversi desumere da una lettura sistematica delle norme afferenti al cognome.

Preliminarmente alla disamina della normativa è opportuno osservare che tale disciplina è stata oggetto di un recente intervento della Corte costituzionale, la quale ha dichiarato l'illegittimità di ogni forma di automatica attribuzione del cognome paterno .


In particolare, per quanto concerne il codice civile, l'art. 237, secondo comma c.c. in tema di possesso di stato, poneva- già nella sua formulazione anteriore al d.lgs. 154/2013- come elemento costitutivo l'aver sempre portato il cognome del padre che si pretende di avere. L'art. 262 c.c., poi, prevede che "il figlio nato fuori dal matrimonio deve assumere il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto; se il riconoscimento è contemporaneo di entrambi i genitori, il figlio assume il cognome del padre". Quando però la paternità viene accertata successivamente al riconoscimento della madre, spetta al figlio decidere se vuole assumere il cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre; se, invece, la filiazione è stata accertata o riconosciuta dopo l'attribuzione del cognome da parte dell'ufficiale dello stato civile, il figlio può mantenere il cognome precedentemente attribuitogli se è ormai diventato segno della sua identità personale, aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello del genitore che successivamente l'ha riconosciuto. Nel caso in cui il figlio sia minore la decisione sul cognome compete al giudice, previo ascolto del minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento.


L'adottato di maggiore d'età aggiunge ai sensi dell'art. 299 c.c. il cognome dell'adottante premettendolo al proprio. La disposizione precisa che, nel caso di adozione compiuta da coniugi, l'adottato debba assumere il cognome del marito.

Ulteriori disposizioni in tema di nome sono poi dettate dal Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile di cui al d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396. L'attuale art. 29, secondo co. del d.P.R. 396/2000 richiede - in relazione alla dichiarazione di nascita- l'enunciazione del prenome che si vuole attribuire. L'art. 33, co. 1, del DPR 396/2000, poi, prevede che "il figlio legittimato ha il cognome del padre, ma egli, se maggiore di età alla data della legittimazione, può scegliere, entro un anno dal giorno in cui ne viene a conoscenza, di mantenere il cognome portato precedentemente, se diverso, ovvero di aggiungere o di anteporre ad esso, a sua scelta, quello del genitore che lo ha legittimato". Da ultimo l'art. 34 del d.P.R. n. 396 del 2000 vieta di imporre al bambino lo stesso prenome del padre vivente, allo scopo di evitare omonimie dovute all'identità del cognome.


A livello di fonti sovranazionali, la Carta di Nizza (2000) sui diritti fondamentali dell’Unione Europea, vincolante a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, vieta ogni forma di discriminazione basata sul sesso (art. 21) nonché l’obbligo di assicurare la parità tra uomini e donne in tutti i campi (art. 23).

Per quanto riguarda in particolare l'attribuzione del cognome l'articolo 16 della

Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna (adottata a New York il 18 dicembre 1979 e ratificata dall’Italia con legge 14 marzo 1985 n. 132) impegna gli Stati aderenti a prendere tutte le misure adeguate per eliminare la discriminazione nei confronti della donna in tutte le questioni derivanti dal matrimonio e nei rapporti familiari, ed in particolare ad assicurare, in condizioni di parità con gli uomini, gli stessi diritti personali al marito e alla moglie, compresa la scelta del cognome (lett. g).


La questione relativa all'attribuzione del cognome è stata oggetto poi di un ampio dibattito anche nella giurisprudenza nazionale.

Per quanto concerne la giurisprudenza costituzionale, si segnala la sentenza 8 novembre 2016, n. 286, con la quale la Corte costituzionale ha accolto la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di appello di Genova sul cognome del figlio di una coppia italo brasiliana, dichiarando l’illegittimità della norma (desumibile dagli artt. 237, 262 e 299 c.c., 33 e 34 del d.P.R. 396/2000) che non consente ai coniugi di comune accordo di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno; nonché degli art. 262, primo comma e 299, terzo comma, c.c nella parte in cui- con riguardo ai figli nati fuori dal matrimonio e agli adottati- prevedono l’automatica attribuzione del cognome paterno, in presenza di una diversa volontà dei genitori. Tale decisione prende le mosse dalla rimessione effettuata nel 2013 dalla Corte d’appello di Genova, la quale ha sollevato − in riferimento agli artt. 2, 3, 29, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione – questione di legittimità costituzionale della norma desumibile dagli artt. 237, 262 e 299 del codice civile, 72, primo comma, del regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238 (Ordinamento dello stato civile) e 33 e 34 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127), nella parte in cui prevede "l’automatica attribuzione del cognome paterno al figlio legittimo, in presenza di una diversa contraria volontà dei genitori".


Il giudice rimettente denuncia, in primo luogo, la violazione dell’art. 2 Cost., in quanto verrebbe compresso il diritto all’identità personale, che implica il diritto del singolo individuo di vedersi riconoscere i segni di identificazione di entrambi i rami genitoriali. Viene, inoltre, evidenziato il contrasto con gli artt. 3 e 29, secondo comma, Cost., poiché sarebbe leso il diritto di uguaglianza e pari dignità dei genitori nei confronti dei figli e dei coniugi tra di loro.

La Corte Costituzionale, nell’esaminare la questione sottopostale, l’ha ritenuta fondata, censurando la norma sull’automatica attribuzione del cognome paterno nella parte in cui non consente ai genitori – i quali ne facciano concorde richiesta al momento della nascita – di attribuire al figlio anche il cognome materno. La Corte rileva come a distanza di molti anni dalla precedente sentenza del 2006 (vedi supra) nel nostro ordinamento non sia stato ancora introdotto un «criterio diverso, più rispettoso dell’autonomia dei coniugi»; neppure con il decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 (Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219), con cui il legislatore ha posto le basi per la completa equiparazione della disciplina dello status di figlio legittimo, figlio naturale e figlio adottato, riconoscendo l’unicità dello status di figlio, è stata scalfita la norma oggi censurata.


Nell’aprile 2022 la Consulta ha poi dichiarato ILLEGITTIME TUTTE LE NORME CHE ATTRIBUISCONO AUTOMATICAMENTE IL COGNOME DEL PADRE


La Corte costituzionale ha esaminato oggi le questioni di legittimità costituzionale sulle norme che regolano, nell’ordinamento italiano, l’attribuzione del cognome ai figli. In particolare, la Corte si è pronunciata sulla norma che non consente ai genitori, di comune accordo, di attribuire al figlio il solo cognome della madre e su quella che, in mancanza di accordo, impone il solo cognome del padre, anziché quello di entrambi i genitori.

le norme censurate sono state dichiarate illegittime per contrasto con gli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

La Corte ha ritenuto discriminatoria e lesiva dell’identità del figlio la regola che attribuisce automaticamente il cognome del padre.


Nel solco del principio di eguaglianza e nell’interesse del figlio, entrambi i genitori devono poter condividere la scelta sul suo cognome, che costituisce elemento fondamentale dell’identità personale.

Pertanto, la regola diventa che il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell’ordine dai medesimi concordato, salvo che essi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due.

In mancanza di accordo sull’ordine di attribuzione del cognome di entrambi i genitori, resta salvo l’intervento del giudice in conformità con quanto dispone l’ordinamento giuridico.

 

La Corte ha, dunque, dichiarato l’illegittimità costituzionale di tutte le norme che prevedono l’automatica attribuzione del cognome del padre, con riferimento ai figli nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio e ai figli adottivi.

È compito adesso del legislatore regolare tutti gli aspetti connessi alla presente decisione.



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