Giancristiano Desiderio: "Meloni è il gatto e Letta il topo"

Felice Massimo De Falco • 21 agosto 2022

Giancristiano Desiderio: "Meloni è il gatto e Letta il topo"

Chi sta vincendo le elezioni dal punto di vista comunicativo?

La campagna elettorale va vinta con i voti e la comunicazione è un mezzo per ottenere il fine. Il problema del nostro tempo, che diventa una vera ossessione in Italia, è che il mezzo diventa fine e tutto è solo comunicazione ossia una scatola vuota. Il prezzo più alto di questa confusione demagogica è pagata dal Paese perché la realtà non si cancella con uno slogan e si prende sempre la rivincita. Così dal punto di vista comunicativo vince chi coniuga più fedelmente realtà e proposte, Paese reale e Paese immaginario.


Meloni suona, Letta insegue?

Più che Meloni suona e Letta insegue, direi che Letta se la canta e se la suona da solo. Mi pare che Meloni sia il gatto e Letta il topo. Meloni non deve far molto, meno si muove meglio è, mentre Letta si agita e più si agita e più la camicia di Nesso che ha indossato con l'estremismo di sinistra stringe.


Il 12 settembre i due si confronteranno in Tv. Quali sono le parole da evitare per prevalere?

Non è un problema di parole ma di credibilità. Letta promette, Meloni no. Mi sembra che l'atteggiamento realista della Meloni incontri il favore di ampie fasce elettorali e sociali che sono stanche non solo di promesse impossibili ma anche di provvedimenti che compromettono i conti pubblici già fortemente precari.


Cosa pensi del maquillage culturale della Meloni?

Ho definito l'affermazione della Meloni (al momento virtuale ossia dei sondaggi) "eterogenei dei Fini" perché potrebbe riuscire là dove Fini fallì o si fermo: leader della coalizione, presidente del Consiglio, prima donna a Palazzo Chigi. La sua bravura in questo caso è senz'altro l'attesa, la perseveranza, la pazienza. Il problema è sempre il solito: la classe dirigente, che però, ormai, è scadente ovunque.


Come ha gestito le candidature Letta?

Beh, mi sembra che la cronaca sia eloquente: è venuto fuori un pasticcio tra esclusioni, dilettantismi e un drastico spostamento a sinistra del Pd che è un partito di potere e di apparato ma non di governo.


In un contesto così polarizzato ha senso un Centro?

Il centro è un equivoco, un'illusione, una necessità. Un equivoco perché non si tratta di geometria ma di sensibilità. Un'illusione perché i poli lo vanificano. Una necessità perché senza la cultura di centro cioè del governo limitato non si governa e si fanno danni.


Il risiko delle candidature toccherà anche al centrodestra. Prevedi eclatanti novità?

No. Saranno un misto di tradizione, novità e compromesso. Alcune esclusioni inevitabili visto il taglio dei parlamentari, altre saranno auto-esclusioni, come già si è verificato.


Su quali temi si vince?

Tasse, lavoro, esteri.


I sondaggi riescono ad orientare la gente indecisa?

 L'effetto "aria che tira" c'è sempre e lo sport più praticato dagli Italiani è saltare sul carro del vincitore. In questo caso c'è il carro ma non ancora il vincitore e nei panni del centrodestra non venderei la pelle dell'orso prima di averlo ucciso.


Chi usa meglio i new media?

Un po' tutti hanno imparato a usare le nuove forme di comunicazione ma, come detto all'inizio, qui conta non solo il contenitore ma anche il contenuto, non solo la cornice ma anche il quadro. Il pittore deve avere una buona mano, ma di Raffaello in giro non ne vedo.

Giancristiano Desiderio è giornalista, saggista, liberale, centrocampista. Scrive per il Corriere della Sera, Il Giornale e La Ragione

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