Ancora pochi stranieri nelle università italiane

Redazione • 23 marzo 2023

Negli anni la mobilità studentesca è gradualmente aumentata in Europa. L’Italia costituisce però un’eccezione: gli universitari stranieri sono in calo dal 2018 e nel 2020 costituiscono meno del 3% del totale.

La mobilità è uno dei punti cardinali su cui è costruita l’Unione europea e uno dei suoi ambiti di applicazione è l’istruzione. Programmi come l’Erasmus+ servono proprio a favorire lo spostamento di studenti universitari tra i vari paesi dell’Unione. Con comprovati effetti anche sulla qualità del loro futuro impiego.

Il numero di studenti che si spostano all’interno dell’Ue e di quelli provenienti da paesi non-Ue che si iscrivono nelle università europee è in graduale aumento da anni. Un fenomeno che facilita apertura e internazionalizzazione e che permette agli studenti stessi di sviluppare competenze professionali, sociali e interculturali.

Insieme alla Grecia, l’Italia è l’ultima per rapporto tra studenti internazionali e studenti domestici, oltre che il paese dove il numero di studenti provenienti dall’estero ha registrato il calo più pronunciato. In particolare nel passaggio tra 2018 e 2019.


Quando si parla di studenti internazionali, c’è una differenza tra chi completa il ciclo di istruzione all’estero (degree mobility) e chi invece si reca in un altro paese per un breve periodo di tempo, soltanto per conseguire dei crediti (credit mobility). Come evidenzia l’Ocse però sta diventando gradualmente più difficile mantenere questa distinzione per via dell’incidenza di programmi non classificabili in questo senso, come le doppie lauree. In questo approfondimento facciamo riferimento agli studenti iscritti al ciclo terziario in un paese diverso da quello del loro diploma. Escludendo quindi gli studenti Erasmus.


Nel 2020 rientrava in tale categoria quasi 1 milione e mezzo di persone. Circa 616mila erano studenti del ciclo triennale, 659mila di quello magistrale e poco più di 151mila dottorandi. In soltanto 6 stati le cifre del 2020 risultavano inferiori rispetto a quelle del 2019: Croazia, Irlanda, Lituania, Finlandia, Danimarca e Grecia. Non tanto perché la pandemia non abbia avuto un impatto, ma perché, come riporta anche lOcse, i dati sul 2020 corrispondono perlopiù all’anno accademico 2019-2020. La pandemia ha avuto un impatto, tuttavia ancora difficile da quantificare.


Il dato sugli studenti stranieri ha registrato un aumento graduale nel corso dell’ultimo decennio, soprattutto in alcuni paesi dell’Unione. Prima tra tutti la Croazia che aveva appena 500 studenti di nazionalità straniera nel 2013 e ben 4.768 nel 2020 (+854%). Anche Cipro, Malta e Portogallo hanno registrato aumenti significativi, superiori al 200%. Seguono due paesi baltici (Estonia e Lettonia), la Slovenia e la Polonia, dove il numero di studenti stranieri è più che raddoppiato rispetto al 2013.

L’Italia invece è, insieme alla Grecia, l’unico paese europeo in cui questi valori sono in diminuzione. Rispetto al 2013 quando si contavano nel nostro paese quasi 83mila studenti stranieri, nel 2020 erano meno di 59mila. Un calo quindi del 29%, più marcato anche rispetto a quello greco (-19%).


Dal 2013 il numero di studenti stranieri iscritti all’università in Italia era andato gradualmente aumentando fino a raggiungere il picco nel 2018 (quasi 107mila). Nel 2019 però la cifra si è praticamente dimezzata, per ragioni che non siamo riusciti a ricostruire, e nel 2020 si è registrata solo una debole crescita.

Per quanto riguarda invece gli italiani che vanno a studiare in altri paesi dell’Unione europea, questi sono stati poco meno di 52mila nel 2020.

51.748 gli studenti italiani iscritti all’università in altri paesi Ue nel 2020.

Le mete più popolari erano Germania (10.820), Austria (9.185) e Francia (8.428)


Fonte Openpolis


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