Elezioni 2022, al voto con il Rosatellum: ecco come funziona e la nostalgia delle preferenze

Redazione • 16 agosto 2022

Elezioni 2022, al voto con il Rosatellum: ecco come funziona e la nostalgia delle preferenze

ll Rosatellum è il nuovo sistema elettorale attualmente in vigore in Italia. Serve per attribuire i posti di parlamentari: in tutto 400 deputati e 200 senatori (in precedenza erano rispettivamente 630 e 315). Vediamo come funziona il Rosatellum e come si vota.

Il Rosatellum, ricorda  laleggepertutti.it, prevede un sistema elettorale misto, in parte maggioritario e in parte proporzionale. Il 37% dei seggi delle due Camere del Parlamento – dunque 147 alla Camera e 74 al Senato – viene attribuito in base al sistema maggioritario a turno unico, in altrettanti collegi uninominali. In pratica, in ogni collegio è eletto il candidato più votato.

Gli altri due terzi – 245 seggi alla Camera e 122 al Senato – vengono invece ripartiti secondo un sistema proporzionale, ossia divisi tra i partiti a seconda dei risultati percentuali ottenuti alle urne. In pratica i seggi vengono ripartiti proporzionalmente tra le coalizioni e le singole liste che hanno superato le soglie di sbarramento nazionali: il 3% per le liste singole, il 10% per le coalizioni. A queste ultime non sono attribuiti i suffragi dei partiti alleati che non raggiungono l’1% ma vanno quelli delle liste comprese fra l’1% e il 3%.

Il restante 2% dei seggi – otto deputati e quattro senatori – risulta infine riservato al voto degli italiani residenti all’estero con sistema proporzionale che prevede il voto di preferenza.

Se quindi la maggior parte dei seggi è attribuita con il proporzionale – secondo il principio “una testa, un voto” – il peso politico della legge è spostato soprattutto sulla parte maggioritaria: sarà quindi il risultato nei collegi uninominali a determinare la vittoria di una coalizione; che è unica su tutto il territorio nazionale, ma non ha un simbolo, un programma o un leader ma soltanto candidati uninominali comuni, mentre ognuno dei partiti alleati presenta un suo distinto programma e dichiara chi è il proprio capo politico.

L’elettore al seggio si vede consegnare due schede, una per la Camera e un’altra per il Senato. Oggi i 18enni votano sia per la Camera che per il Senato (in passato, per il Senato, bisognava avere 25 anni).

Con l’attuale legge elettorale gli italiani sono chiamati semplicemente a mettere una croce su un simbolo e per rendere loro la cosa ancor più facile, in quel simbolo troveranno nella gran parte dei casi anche il nome del capo politico del partito, in modo da ridurre ancor più la possibilità di errore.

Sulla scheda c’è il nome del candidato al collegio uninominale e una breve lista bloccata di candidati per la parte proporzionale. Se si traccia un segno sulla lista, il suffragio è automaticamente esteso al candidato collegato nel maggioritario.

A chi vota è infatti attribuita solo la possibilità di scegliere la lista preferita, senza poter indicare preferenze tra i candidati e senza nemmeno potere distinguere il suo voto tra la parte proporzionale e quella maggioritaria. Alle forze politiche, invece, la legge elettorale consente di distribuire seggi più o meno sicuri, formare alleanze spurie, dare vita a coalizioni senza vincoli e a ogni altra alchimia utile alla causa.

Se si vota solo il candidato nel collegio uninominale, il voto è spalmato pro quota tra le diverse liste che lo appoggiano. Il sistema è congegnato in modo che siano identici il totale dei voti alle liste e quello dei suffragi ai candidati. Nel collegio uninominale c’è il maggioritario secco: vince il candidato che ha la maggioranza relativa dei voti. Nel proporzionale i seggi sono ripartiti in base alle mini-liste bloccate. Alla Camera il calcolo avviene su base nazionale. Il Senato, invece, secondo la Costituzione è eletto su base regionale: nelle regioni più piccole – che eleggono pochi senatori e in qualche caso uno solo – il gioco dei resti crea una sorta di sbarramento di fatto sui seggi da attribuire; più la regione è piccola maggiore diventa la soglia per l’attribuzione. Nel maggioritario i partiti più grandi tendono a dare ai più piccoli qualche collegio sicuro, assicurando loro il diritto di tribuna ma venendo compensati dai voti proporzionali delle liste che superano l’1% ma non arrivano al 3.

È possibile candidarsi in un solo collegio uninominale e in cinque proporzionali ma chi è eletto in più collegi si può optare dove far scattare il suo seggio e dunque scegliere chi subentrerà nell’altro: se si vince nel maggioritario, il seggio scatta in automatico, mentre nel proporzionale si è eletti dove la lista ha ottenuto il risultato peggiore.

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