Openpolis, il Ddl Zan e l'aumento della violenza di genere in Italia e all'estero

Redazione • 1 marzo 2023

il report di Openpolis - Il Ddl Zan e l'aumento della violenza di genere in Italia e all'estero

La violenza di genere è una delle principali forme di violazioni dei diritti umani, in tutte le società. Alla sua radice c’è una cultura patriarcale che alimenta storici divari di genere, secondo i quali la donna ricopre un ruolo inferiore all’interno della società, in ogni suo ambito. Dall’istruzione al mondo lavorativo, dalle relazioni di coppia al lavoro di cura familiare. Una visione che non contempla nessuna emancipazione della donna dai ruoli prescritti e che troppo spesso si traduce in atti di violenza psicologica o fisica.


Gli episodi di violenza contro le donne avvengono principalmente, anche se non solo, nella sfera domestica. Sono nelle gran parte dei casi parenti, partner o ex partner della vittima a commetterli. E quando tali violenze sfociano nell’omicidio vengono definite, con diverse accezioni, “femminicidi“.

Dei paesi che hanno partecipato alla data unit e che sono riusciti a reperire questa informazione, solo Cipro individua nel proprio ordinamento giuridico il reato di femminicidio. Gli altri (Grecia, Serbia, Francia, Austria, Germania e Francia) non hanno un riconoscimento legale vero e proprio. Analogamente nel caso italiano esistono aggravanti per la violenza domestica e sessuale, ma a oggi non esiste un aggravante per il movente di genere. Era proprio l’obiettivo del disegno di legge Zan, che è però stato respinto.


L’istituto europeo per l’uguaglianza di genere (Eige), il principale riferimento statistico su questa materia, lo definisce come l’omicidio di una donna per via della sua appartenenza di genere. Riprendendo la definizione della commissione statistica dell’Onu, adottata anche da Istat in Italia.


nsieme ad altre 15 redazioni che fanno parte dello European data journalism network (Edjnet), sotto la direzione del Mediterranean institute for investigative reporting (Miir), abbiamo raccolto i dati più recenti sugli omicidi di donne e sui femminicidi per illustrare la situazione almeno nei 15 paesi che è stato possibile considerare. Abbiamo in primo luogo riscontrato una oggettiva difficoltà a trovare i dati, soprattutto per via della scarsa armonizzazione a livello europeo tra le categorie utilizzate. I principali riferimenti sono stati il report 2021 di Eige e l’ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat), oltre a fonti a livello nazionale: in Italia, Istat e il ministero dell’interno. Un altro elemento problematico è quello legato alle tempistiche, anche giudiziarie, necessarie per individuare il colpevole e i suoi moventi, e quindi per definire se si tratta di un omicidio o, specificamente, di un femminicidio. Ragione per cui spesso i dati più recenti erano precedenti al 2019. Il che inoltre ha reso difficile una valutazione dei cambiamenti in corrispondenza della pandemia da Covid-19.


Se consideriamo soltanto i crimini catalogati come “femminicidi” negli stati analizzati dalla ricerca (i 27 paesi membri e la Serbia) vediamo che si hanno informazioni abbastanza esaustive fino al 2018, l’ultima data per cui sono disponibili dati ufficiali a livello europeo (nuovi dati Eige sul 2020 saranno disponibili non prima del 2024). Nel 2018, sappiamo che hanno avuto luogo 425 femminicidi in 16 stati. Per il 2019 e il 2020 invece abbiamo informazioni solo su 8 stati, e per il 2021 su 7. Come accennato, è rilevante qui il fattore temporale, visto che bisogna attendere le conclusioni dei processi per venire a conoscenza dell’autore del delitto e del movente.


3.232 i femminicidi in 20 stati Ue tra 2010 e 2021, secondo le stime Edjnet e Miir.

Un dato che però, occorre evidenziare, costituisce una forte sottostima. Mancano infatti i dati relativi a 8 stati membri (Polonia, Bulgaria, Irlanda, Danimarca, Lussemburgo, Belgio, Portogallo e Romania), per i quali non è stato possibile reperire i dati. Inoltre, si tratta di cifre molto lontane dai 6.593 omicidi commessi da familiari o (ex) partner riportati da Eurostat.

Ci sono altri elementi che aiuterebbero a identificare i femminicidi, per elaborare stime anche prima dell’esito dei processi, identificati dall’ufficio Onu per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (Unodc) e dall’ente Onu per l’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile (Un Women) all’interno del loro framework statistico per misurare i femminicidi e i crimini basati sul genere della vittima. Tuttavia tali elementi sono altrettanto problematici.


Per esempio si considera se l’omicidio è avvenuto in seguito a un episodio di violenza sessuale o se vittima e autore si trovavano in una posizione gerarchica l’uno rispetto all’altra. Informazioni che purtroppo sono raramente disponibili, rendendo problematica una efficace misurazione del fenomeno. A maggior ragione se consideriamo che i vari paesi dell’Unione europea seguono categorie e definizioni differenti, ancora non armonizzate.

Date tali difficoltà, il modo più idoneo per stimare il numero di femminicidi è ricorrere alla categoria domestica. Si tratta infatti di una fattispecie di omicidio misurata dalla maggior parte dei paesi Ue. Ed è senza dubbio l’ambito in cui più spesso le donne vengono uccise in quanto donne, seppur non l’unico.

Nel 2020 si sono registrati, in totale, 745 omicidi di questo tipo nei 15 stati per cui abbiamo informazioni. Vediamo che gli stati Ue si differenziano ampiamente da questo punto di vista, sia come numero di episodi in termini assoluti che come incidenza sul totale della popolazione di sesso femminile.


Stando all’ultimo aggiornamento del ministero dell’interno, nel 2022 in Italia si sono registrati 319 omicidi di cui 125 con vittime di sesso femminile (circa il 39%). Un totale di 140 episodi hanno avuto luogo in un contesto domestico e in questo caso 103 hanno colpito donne (quasi il 74%). Se specifichiamo ulteriormente, sono stati 67 i delitti commessi da partner o ex partner, 61 con vittime donne, ovvero il 91%.

A fronte di una generale diminuzione degli omicidi volontari dagli anni ’90 a oggi – rileva Istat – si mantiene elevato il numero di donne che vengono uccise da persone a loro vicine. Anzi, proporzionalmente (come incidenza sul totale degli omicidi), si tratta addirittura di un dato in crescita, rispetto ad altre tipologie.


In generale l’Italia presenta il secondo dato più basso d’Europa per incidenza degli omicidi sul totale della popolazione: 0,48 ogni 100mila abitanti. Più elevato solo di quello del Lussemburgo (0,32) e ben al di sotto della media Ue (0,89). Anche per quanto riguarda gli omicidi di donne il dato italiano è inferiore alla media Ue (0,38 contro 0,66).

Tuttavia se negli anni il numero di uomini vittime di omicidio si è fortemente ridotto nel nostro paese, lo stesso non si può dire delle donne, per le quali il miglioramento è stato molto più lento e contenuto. Indice del fatto che si tratta di un problema strutturale che richiede delle politiche specifiche. Nei primi anni ’90, riporta Istat, per ogni donna uccisa erano uccisi 5 uomini. Nel tempo tale rapporto è gradualmente diminuito fino ad arrivare nel 2021 a 1,6.

Se poi consideriamo le uccisioni di donne solo da parte di familiari, partner o ex partner della vittima, vediamo che la loro incidenza è lievemente diminuita (da 0,36 nel 2012 a 0,32 nel 2021). Ma è aumentata in rapporto al totale degli omicidi di donne.

85,3% degli omicidi di donne in Italia sono commessi da familiari o (ex) partner (2020).


Fonte Openpolis

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