Intercettazioni come la discesa nel Maelström: è necessità investigativa o abuso di potere?

Argia Di Donato • 27 gennaio 2023

Intercettazioni come la discesa nel Maelström: è necessità investigativa o abuso di potere?

Come non ricordare il celebre racconto “Una discesa nel Maelström” di Edgar Allan Poe, l’incredibile vicenda di un gruppo di pescatori norvegesi, raggiunti da una violenta tempesta che genera un maelström, spaventoso vortice d’acqua, che in pochi istanti voracemente divora ogni cosa trascinando verso l’abisso relitti, imbarcazioni e uomini.

Il protagonista del racconto uscirà da quell’orrore fortemente provato e mutato segnatamente nel corpo e nello spirito, precocemente ed inspiegabilmente invecchiato.


L’idea proposta dallo scrittore statunitense non è tanto lontana dalla vicenda - ad oggi più attuale che mai e al centro del dibattito tra contrapposte forze politiche e opinione pubblica nostrane - relativa alle intercettazioni, strumenti di indagine nei processi penali, al limite tra necessità investigativa e vero e proprio abuso di potere, meccanismo destinato a travolgere voracemente e disastrosamente l’imputato - e non solo - del reato.


Il recente arresto di Matteo Messina Denaro ha riaperto il dibattito spinoso sul tema delle intercettazioni: è polemica aspra, dunque, sulle posizioni del garantismo liberale del Ministro Nordio che intende, e a ragion dovuta, regolare l’uso di questo mezzo investigativo. È evidente che il sistema è sfuggito al controllo ed è, ormai, da troppi anni strumento politico di una magistratura esondante, rispetto le finalità per le quali è stato previsto. 

Aspro il giudizio di parte del PD e del M5stelle convinti (?) che “limitare” l’uso delle intercettazioni equivarrebbe ad indebolire lo Stato nei processi di mafia e terrorismo. 


Fa bene il ministro Nordio a non lasciarsi intimidire, dunque, dalla sterile contrapposizione delle opposizioni e mai mettendo in discussione l’utilizzo delle intercettazioni per i reati di mafia e terrorismo; al contrario, imporre dei “giusti limiti” restituisce alle stesse la reale funzione e nuova dignità, nell’ottica della salvaguardia di tutti i diritti, compreso quello della segretezza (Art. 15 Cost.), altra faccia della libertà.


Una regolamentazione dell’uso di questo strumento eviterebbe l’abuso investigativo improprio verso i “non” imputati. E sul punto, Nordio ha detto e ripetuto con forza che per i reati di mafia terrorismo e reati causali, le intercettazioni restano uno strumento indispensabile di indagine. Ma un conto è il loro uso tutt’altro l’abuso.

Puntuale e tempestivo, a parere di chi scrive, appare l’argomento della inviolabilità della conversazioni e della privacy sulle stesse: non convince il criterio dell’utilità, dato che - come ben ha detto il Guardasigilli - a quel punto converrebbe, per ragione di necessità, microfonare tutti gli italiani. La pubblicazione delle intercettazioni da parte della stampa anche quando sono ininfluenti e /o riguardano altre persone resta il problema cruciale, tale “prassi” va severamente sanzionata perché, oltre a colpire persone estranee ai reati, spesso danneggia le stesse indagini. 


Ingiustificabile ancorché ingiusto l’attacco sferrato dal Procuratore Capo di Palermo, De Lucia alla riforma sulle intercettazioni: come ben ribadito sull’argomento dall’Avv. Giandomenico Caiazza, presidente dell’UCPI, il circuito mediatico - giudiziario - politico - che pretende che le riforme, sotto il discorso ricattatorio della lotta alla mafia, siano dettate dalla magistratura secondo le priorità che essa indica - deve assolutamente terminare. Come deve terminare, rispetto al tema delle intercettazioni, la cd. “pesca a strascico dei reati”.


Limitare e regolare, necessariamente e senza indugio alcuno, l’uso che di queste intercettazioni si fa appare doveroso: la spettacolarizzazione del processo penale nel nostro paese è diventata pratica vergognosa, una vera e propria gogna mediatica, una deplorevole caccia alle streghe che va fermata una volta per tutte. 

Affinchè il processo penale resti garante di quei diritti inviolabili dell’imputato, della sua famiglia e di tutti coloro che - anche inconsapevolmente - vengono coinvolti nella vicenda giudiziaria; e che lo stesso non si trasformi nel vortice pericoloso che oggi sembra esser diventato, che divora voracemente e tristemente vite, storie, accadimenti, intrecci, dolori e pene. 


Argia Di Donato, avvocato Foro di Napoli

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