Intervista a Stefano Ceccanti (Pd):"Il Pd non aveva una proposta di Governo"

Felice Massimo De Falco • 30 settembre 2022

Intervista a Stefano Ceccanti (Pd):"Il Pd non aveva una proposta di Governo"

- A quest’ora si persegue a fare il processo ad Enrico Letta. Ma secondo lei dove ha sbagliato visto il grande distacco dal Paese?

Eviterei di personalizzare su Enrico Letta. Il Pd nel suo complesso è arrivato alle elezioni senza una proposta di Governo, a cominciare da un candidato a guidare il Paese. Un errore simile a quello visto nel 1994. Draghi non era utilizzabile e i due pezzi che si reclamavano in continuità con la sua esperienza non si sono coalizzati, tranne che in Trentino, dove è sopravvissuta la legge Mattarella e dove hanno vinto. Non si può andare ad elezioni chiedendo solo di ridurre la vittoria degli altri. Però non è una questione imputabile al solo Letta o al momento in cui presentano le liste.

- Cosa tocca fare per avere un Pd concorrente e maggioritario?


Un congresso senza tempi biblici che ci lascerebbero in un limbo, considerando che per le amministrative si vota a primavera. A Statuto invariato perché il nostro ci offre la possibilità di coinvolgere sia gli iscritti sia gli elettori e questo è una risorsa. Guai a pensare di picconare questo modello aperto. E poi apriamo processi senza preoccuparci a priori degli esiti.

- Si parla del dopo-Letta. Qual è il profilo giusto in questa congiuntura?


Questo lo sceglieranno gli iscritti e gli elettori del Pd. Resta il punto chiave del modello statutario: c’è l’apertura agli elettori perché almeno potenzialmente si deve trattare di qualcuna/o da proporre anche per la guida del Governo del Paese.

- Farsi scappare Calenda per preferirgli Verdi, Sinistra e Di Maio, ha tolto quello smalto di novità alla vostra offerta politica?


Premesso che Calenda ha rotto lui l’accordo, lasciamoci comunque alla spalle le polemiche reciproche. E’ ovvio che tutto sarebbe stato più coerente se ci fossimo presentati con tutti coloro che avevano condiviso le scelte di fondo del Governo Draghi, da integrare con alcune scelte in materie di diritti a partire dallo ius scholae che quella maggioranza eterogenea non poteva approvare.

- Il Pd ha smarrito il proprio elettorato base che gli ha preferito il M5S, specie al Sud, soprattutto per l’unica forma di protezione sociale fatta dai partiti in questi anni. È bene ricucire con quel mondo e in che modo?

A dir la verità rispetto al 2018 il M5s ha dimezzato i voti e non si registrano flussi significativi in uscita dal Pd verso il M5s. In ogni caso un partito di centrosinistra come il Pd deve sempre contemporaneamente valorizzare l’eccellenza e la tutela, i meriti e i bisogni, declinando questa linea con strumenti sempre nuovi, Solo la tutela o solo la protezione trascinano a un ruolo di sinistra testimoniale. Da questo punto di vista il tanto criticato “ma anche” di Veltroni ha una validità permanente.

- Si discute sull’utilità sociale del reddito, lei che posizione ha?


Vanno sempre distinte due esigenze diverse: le misure anti povertà e le politiche attive del lavoro. Se si fa confusione tra le due non aiutiamo la crescita delle persone. Ora che ci sono le risorse Pnrr sulle politiche attive dovremmo lavorarci seriamente.

- Crede che sia opportuno, come dice Cuperlo, parlarsi con Conte?

E’ doveroso parlare con tutti coloro che si trovano all’opposizione della destra, anche se prevale al momento sia nel M5s sia nel cosiddetto Terzo Polo la spinta convergente da lati opposti ad erodere il nostro spazio politico. Cosa che sarebbe però un disastro sistemico perché alle prossime politiche si riproporrebbe una divisione insanabile che favorirebbe ancora la destra

- Si siederebbe ad una Bicamerale con la Meloni per parlare di presidenzialismo?


A parte gli strumenti, Bicamerali o altro, a me sembra più facile partire dal bicameralismo ripetitivo. Bisognerebbe però prima rimuovere le proposte di revisione più preoccupanti, quelle che intendono minare il rapporto tra Italia e Unione Europea.

- Cosa voleva dire la Serracchiani che afferma che siete maggioranza nel Paese dopo una sonora debacle?


I tre pezzi di opposizione, Pd, M5s e Terzo Polo, sono maggioranza nel paese. Maggioranza solo numerica, certo non facilmente trasformabile in maggioranza politica. Però se si rinuncia a priori la debacle rischia di ripetersi.

- Di cosa ha bisogno subito questo Paese?


Di proseguire con lo slancio europeista di Draghi perché il rafforzamento del ruolo dell’Unione europea e della serietà dell’Italia dentro di essa è parte della soluzione delle varie questioni e non parte di un problema da additare come negativo.


E sulle istituzioni?


Due i punti di riferimento. Dobbiamo partire anzitutto dal metodo della scorsa legislatura: metodo incrementale, di riforme di ampiezza non enorme, non tentativi di riscrittura della seconda parte che hanno bisogno di molto tempo e rischiano nei referendum. Poi dobbiamo partire dai risultati elettorali di questa legislatura che inizia: anche grazie alla riforma costituzionale che ha reso identici gli elettorati, e quindi omogenei i risultati in seggi, sta nascendo un Governo con una forma di legittimazione diretta. Quindi non abbiamo bisogno di elezioni dirette, tanto meno del Presidente. Bisogna inserire dei disincentivi alle crisi di Governo durante la legislatura. Questa è la sfida reale.

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