“Je veux…” - La rubrica di Simona Sanseverino

Simona Sanseverino • 6 febbraio 2023

“Je veux…” - La rubrica di Simona Sanseverino

Qualche giorno dopo facevo ritorno su a Milano per un nuovo contratto con quella stessa azienda.
Ormai stavo bene lì. E il mio lavoro rimaneva per me il punto fermo. Non smisi certo di pensare a Claudio. In realtà ci eravamo sentiti solo al telefono e non avevamo avuto modo di salutarci. Ci vedemmo qualche altra volta durante dei week end in cui ero scesa a Roma. Ma una volta a Milano qualcosa cambiò. E quello che mi era sembrato un sogno, un piccolo idillio sembrava svanire. Le telefonate furono più rare. Avrei immaginato week end a Roma e visite di Claudio a Milano. Ma non fu così… Quei baci erano rimasto gli unici. Eppure i contatti non si interruppero ma c’era qualcosa di poco concreto e di così diverso dai miei sogni a riguardo che non potei non considerare. L’ennesima storia mai cominciata? Eppure lui era lì, spesso affettuoso e disponibile… ma mai concreto… telefonate simpatiche, discussioni ammiccanti, ricordi dolci ma nessuna presenza.


Ritrovai le mie amiche milanesi… Nadia, Lucia, Francesca… e poi c’era Luca…
e nostre non erano vite monotone, ma sicuramente ognuna di noi era ancora in cerca di quel senso… Quale? Beh ognuna a suo modo cercava un completamento all’esistenza…
Per quanto potessimo essere assorte a creare status ben scritti su Facebook, a cercare le migliori prestazioni lavorative, o a leggere le carte del cielo, essendo giovani amiche ci ritrovavamo comunque a parlare di uomini. Spesso.
Nuovamente a Milano fu Sabato ed io lo trascorsi a casa di Francesca perché mi ascoltasse nel mettere fuori pensieri legati a Claudio…


A proposito… Francesca, ha 35 anni è una mia cara amica. Nella vita si occupa di svariate cose, il suo lavoro principale riguarda il mondo del “fashion” e se ne occupa in maniera indipendente. È una di quelle che il mondo chiama “free lance”.
Ma non si occupa solo di questo: progetta, scrive scrive scrive e rende la sua vita movimentata ed interessante. Da sempre il suo lavoro la ha portata a viaggiare e conoscere un po’ le abitudini di tanti posti. Per fortuna ama viaggiare e… le amiche… dedica tutta se stessa alle amiche! La sua città preferita è New York. Il suo animale preferito l’uomo…
Ha un fidanzato e si chiama Michele. Come fa con una vita così a mantenere viva una relazione? Beh Michele lo conosce da sempre. Sono praticamente cresciuti nella stessa città e frequentato le stesse scuole. È stato il suo primo amore. No che non è la fidanzata di Michele da 35 anni!? Insomma è stato il primo amore quello che pare si ami tanto ma che ancora non si sa amare. Quello che ti insegna le prime cose, che ti fa fare le prime esperienze, di cui sei morbosamente gelosa ma che in sostanza serve solo a questo ad insegnarti a vivere e a tenerti compagnia.


Si sono fidanzati la prima volta il penultimo anno di liceo. Lui era molto intelligente e molto paziente… credo le facesse il filo da anni ed lei adorava la sua compagnia. Erano amici perfetti poi si fidanzarono e diventarono la coppia peggiore!
Litigavano spesso anzi sempre e per ogni cosa, anche per la scelta delle materie della maturità. Ricordo lo lasciò non appena decise quale università avrebbe frequentato. In realtà non fu certo il motivo questo. Il motivo fu un aitante insegnante di tennis che seppe come far colpo su di lei e travolgerla. Aveva pochi mesi per trasferirsi a Milano. Si perché avrebbe iniziato i corsi universitari… per lui avrebbe anche cambiato la scelta degli studi e del trasferimento. Per fortuna la lasciò.
Mio Dio quanto ha pianto. Aveva persino dimenticato l’esistenza di Michele!

Invece io…
In realtà avevo paura di attendere. Paura di vivere. Paura di perderlo. Paura di essere abbandonata. Paura di non essere amata. Paura di amare. Paura di tutto. Avevo paura.
Avrei fatto di tutto per non vivere ogni circostanza con quella sensazione di paura. Diventavo ansiosa, diffidente e sfiduciata. Davo peso alle parole e ad ogni cosa. Puntualizzavo, mi arrabbiavo, piangevo, cedevo. Poi ritornavo comprensiva.
Il fatto è che quando si ama con paura si ama male. Non che non si ami affatto. Ma si perde lucidità. Talvolta si finisce per amare quello sbagliato, cioè quello che non ti ama abbastanza. Talvolta si finisce con il non amare chi ti amerebbe abbastanza. Altre volte ancora si finisce col non dare la possibilità all’amore di sbocciare.
Io ero in questa fase della vita. Si, la mia paura era legata al tempo… al non sentirmi idonea e preparata ad un rapporto paziente e maturo… fatto anche di attese, di andate e ritorni. O forse no!
Per non soffrire avrei da subito mandato tutto al diavolo, un secondo dopo cambiavo idea o posizione e decidevo di aspettare.


Ma al di là di ciò che significava tutto questo, la verità era che nella vita ogni atteggiamento ed ogni scelta sono soltanto questione di posizioni. Si, decidere se mordere, se non mordere, se affondare o non affondare il colpo, quanto rischiare e quanto perdere. O magari non rischiare affatto… insomma decidere se ruotare la maniglia della porta o meno!

Questa volta avevo deciso di trattenermi in questa ancor mai cominciata storia.
Lui aveva mollato una frequentazione con delusione. Si affacciava alla mia conoscenza ed in realtà era spinto da un nonsocchè verso di me, ma trattenuto dallo stesso nonsocche verso di sé. Voglio dire mi chiamava, ci vedevamo pochissimo, spesso neppure mi baciava. Ma poi mi ricercava “a mezz’aria” ma c’era.
Ad ogni telefonata sobbalzavo e ne uscivo entusiasta… ma dopo qualche ora venivo assalita dal panico e cominciavo a chiedermi se l’avessi rivisto o meno, meglio mi chiedevo se oltre quel “parlare” potesse esserci la corrispondenza del fare.
Che senso avrebbe diversamente. Eppure spesso accade.


Accade spesso di incontrarsi, stabilire superficiali conoscenze mantenerle in vita ma non affondare…
A me sarebbe rimasto il compito di stabilire se quella superficiale conoscenza dovesse essere vissuta come superflua o vissuta con un cambiamento di veduta.
Ma avevo deciso di esserci.
Ad un certo punto Francesca mi disse: “Datti un tempo! Fa come se combatessi una guerra fredda: se non dovesse accadere molto, molla la presa!”
Feci segno di si con la testa e mi fermai a pensare… mi ero innamorata dell’amore!
Eppure ero convinta che sarebbe emerso in me l’istinto di conservazione e rinascita. Intendo dire che quelle parole di Francesca avrebbero fatto maturare in me la spinta verso una realtà ed una concretezza differente fino al distacco dall’ibrido di una situazione che non rientrava nei miei canoni di vita vissuta.


 Anche questa volta avrei reagito cominciando forse da un taglio nuovo di capelli, oppure trovando nuove soluzioni ai mobili della casa… avrei indossato abiti nuovi e lo stesso sorriso di sempre… avrei inaugurato un altro nuovo giorno!
Quell’istinto io lo portavo dentro, come lo portiamo dentro tutte noi donne. Ed è quell’istinto che porta alla conservazione della specie… unica nel suo genere.
“Su Chiara… - prese a dire Francesca - fai in fretta, vestiti! Si fa in tempo ad andare al cinema!?”
“A vedere cosa??” – risposi.
“Fabio Volo… Il giorno in più! Che potrebbe farci capire ed apprezzare questi strampalati uomini!?” aggiunse poggiandomi una mano sulla spalla e strizzandomi l’occhio.
“Ma dai non ho una gran voglia di uscire…” risposi ancora.
“Su Su non fare i capricci bambina! – continuò – e poi non sei stufa di startene rintanata tutto il sabato in questa casa! Se lui lo sapesse se la darebbe a gambe levate sai?!” e cominciò a spingermi verso la porta…

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