La società liquida e le sue ripercussioni sociali e politiche

Saverio Auriemma • 14 aprile 2023

Oggi si parla di società liquida, dando subito l’idea di una struttura sociale composta da corpi che descrivono una figura instabile, non definita. Essa cambia rapidamente a secondo del contenitore che la contiene. La società massificata del secolo scorso ha ceduto il passo ad una società individualizzata, egoistica ; ognuno è mosso dal desiderio di arrivare prima degli altri e in tempi rapidi, costi quel che costi, perché il tempo non garantisce le certezze di prima. Cosicché il corpo solido della società, ha perso la forza di attrazione che teneva insieme i vari pezzi e , come succede in fisica quando il legame molecolare è basso, il corpo diventa liquido, una massa dall’aspetto mutevole.

“Uno spettro si aggira per l’Europa…Proletari di tutto il mondo unitevi “. È la conclusione a cui giungono , nel 1848, Marx ed Engels, i padri ideologici del comunismo internazionale nel “Manifesto del Partito Comunista”. Depurandolo dalla ideologia che suggerì lo slogan politico più indovinato del mondo, non è un azzardo riproporlo, con i necessari aggiustamenti, al secolo nostro, dopo circa duecento anni.


Allora la società era solida, facilmente individuabile nella stratificazione sociale dell’epoca. C’era la classe operaia da una parte, e la clssse borghese, la classe capitalistica dall’altra parte, in conflitto permanente tra di loro. La classe operaia sapeva perfettamente i “ nemici” da combattere , e la rivoluzione proletaria era lo strumento violento per abbatterli, per impossessarsi dei beni di produzione , al fine di esercitare la dittatura del proletariato; non fa niente se poi si è tradotta in dittatura sul proletariato. Le classi erano perfettamente definite nel loro perimetro culturale e ideologico, mantenute assieme da una forza di attrazione tale da costituire una massa solida, un sol corpo , compatto e omogeneo , unito da una comune condizione economica- sociale.


E poi c’era una società strutturata , con presenza di gruppi organizzati nei partiti, con una gerarchia che man mano si adattava alle esigenze delle generazioni che si susseguivano. Da un modello centralizzato, dove tutto veniva deciso dal capo, si è transitato in una ipocrita “centralizzazione democratica “( un ossimoro) , e poi , alla forma democratica, dove le decisioni tra posizioni diverse , spesso venivano tra di loro mediate , oppure prese a maggioranza. In ogni caso, le diverse opinioni comunque erano sottoposte ad un confronto, e i partiti, oltre ad offrire una scuola, erano anche una grande opportunità di crescita politica.


Così si formava la classe dirigente , selezionata da un lungo percorso, caratterizzato dal rispetto delle idee diverse e del riconoscimento per quelle che meglio si affermavano. Un filtro prezioso di intermediazione che scartava gli estremismi , le posizioni velleitarie ,per veicolare le azioni su un terreno praticabile. E ci si riconosceva in una gerarchia di valori acquisiti sul campo . Così è stato sino agli anni 70-80. Ora non è più così. La società è profondamente cambiata, le strutture su cui prima si reggeva, sono saltate in aria ; la classe operaia degli anni 60-70 ha subito trasformazioni profonde per le mutate condizioni di lavoro nelle fabbriche, dove l’automazione ha sostituito forza lavoro con macchine intelligenti . Le tute blu sono diminuite nel numero e il potere si è spostato verso i camici bianchi; nuove figure lavorative si sono affermate , impiegati, tecnici, quadri, possessori del nuovo know-how , e quindi i reali detentori del controllo della produzione, strappandolo dalle mani dell’operaio, indebolendolo nel suo potere di contrattazione.


Nel febbraio del 1986, al congresso nazionale della FIOM che si tenne al teatro mediterraneo della mostra d’oltremare di Napoli, si consumó lo scontro tra Luciano Lama, segretario generale della CGIL e Sergio Garavini, segretario generale della FIOM. Il primo a sottolineare la fine della centralità operaia su cui si era costruito il sindacato e , quindi, l’urgenza di una profonda ristrutturazione dell’organizzazione, adeguandola alle mutazioni delle tradizionali fasce sociali , spostando l’attenzione dall’operaio metallurgico delle grandi fabbriche, super protetto, alle nuove figure emergenti , soprattutto nelle piccole, piccolissime e medie imprese, maggioritarie e poco tutelate. E Garavini a contrapporre l’idea che la estensione delle produzioni avrebbe comportato una estensione della classe operaia , che continuava ad affermarsi come punta di diamante del movimento sindacale .


Tra la linea massimalista e quella riformista , prevalse la prima, ma ancora oggi il dibattito è aperto. Intanto la realtà che avanza ha dato ragione a Lama, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti. Le produzioni, se pur si sono estese, non hanno prodotto più occupazione, anzi , si verifica l’opposto, e nella riduzione complessiva , le tute blu sono sostituite dalle nuove professioni. Cosicché la vecchia classe operaia perde sempre di più le sue connotazioni tradizionali, e nuove identità si affermano in un mondo del lavoro che scavalca i confini fisici della fabbrica e si dilata all‘esterno, assumendo dimensioni dai contorni incerti, non più riducibili in un perimetro definito, dentro cui prende forma e sostanza ; il lavoratore dei servizi , il terziario e il quaternario avanzato, il lavoratore autonomo di bassa e di alta qualità professionale, le partite IVA , costituiscono i profili moderni di una società post-industriale, aggregati in un corpo che non fa massa, si dilegua nello spazio e nel tempo con le sue diverse esigenze che non si incontrano con le esigenze degli altri.



La struttura duale del sistema industriale, di qua il lavoro, di lá il capitale, si dissolve in una struttura puntiforme, dove la composizione della classe operaia si confonde nella molteplicitá dei lavori che vengono svolti al di fuori dei confini classici della fabbrica , spesso da singoli lavoratori separati tra di loro, disgiunti da una comune appartenenza di classe. È un fenomeno di disgregazione sociale che dai luoghi di lavoro si è trasferito pari pari nella società , nella politica, veicolato dal lavoratore stesso , dal momento che, al di fuori delle ore di lavoro , diventa cittadino, e come tale consuma le sue relazioni nella famiglia, nella politica, nella società . La frammentarietà si è , quindi, riprodotta; dal sistema delle imprese si è dilatata nel sistema paese.


Nel mondo della politica, il fenomeno ha avuto una accelerazione particolare, causata dall’ annientamento dei partiti dovuto al massimalismo giustizialista proveniente da mani pulite , e , poi, dal populismo mediatico del vaffá grillino, dove il concetto stesso di democrazia si è alterato. Oggi si parla di società liquida, dando subito l’idea di una struttura sociale composta da corpi che descrivono una figura instabile, non definita. Essa cambia rapidamente a secondo del contenitore che la contiene. La società massificata del secolo scorso ha ceduto il passo ad una società individualizzata, egoistica ; ognuno è mosso dal desiderio di arrivare prima degli altri e in tempi rapidi, costi quel che costi, perché il tempo non garantisce le certezze di prima.


Cosicché il corpo solido della società, ha perso la forza di attrazione che teneva insieme i vari pezzi e , come succede in fisica quando il legame molecolare è basso, il corpo diventa liquido, una massa dall’aspetto mutevole. I partiti non ci sono più e quei pochi sopravvissuti al terremoto politico- giudiziario, si definiscono “leggeri” quasi a sottolineare la loro fluidità . Il “dibattito”, si fa per dire, si sviluppa su internet, con tweet maximo di 280 caratteri per poter esprimere un pensiero. In assenza di certezze a cui ancorarsi,tutto diventa virtuale, e perciò, volatile, evanescente.


Dalla società post industriale , si va verso la società dell’informazione, con ulteriori forme di dilatazione della vecchia società massificata. La fisicità delle fabbriche si dilegua e scompare nel lavoro a distanza .Lo Smart Working , nasconde dentro la formula del “lavoro agile”, il pericolo concreto di una atomizzazione della società , dentro cui ogni singolo , senza protezioni, diventa più fragile. Però, la nuova società dell’informatica, ti crea l’illusione di vivere in una democrazia più avanzata, la democrazia del web , una falsa democrazia che si sostituisce alle forme di partecipazione del secolo scorso.


Senza partiti , la politica alimenta una società senza intermediazioni, e ognuno vive catturato dai network, nell’illusione di essere al centro del mondo, salvo rivedersi solo quando esce dal web, bombardato da mille informazioni , magari tra di loro contrastanti, però fusi in una memoria senza storia. È facile, così, transitare tra convinzioni opposte, cosicché il tuo consenso , espresso con i like, oscilla continuamente tra idee contrarie, tra partiti che esprimono posizioni opposte. È così che anche il voto nelle elezioni diventa liquido, e scivola a fiumi tra una aggregazione politica e l’altra, riproponendo nei governi le incertezze che vi sono nella società, stabilendosi , tra di essi, in un rapporto causa -effetto .


Pomigliano ha vissuto e vive in questo tourbillon politico-sociale. La nostra comunità ha attraversato tutte e tre rivoluzioni ; la prima, negli anni 40-50 con l’alfa Romeo e Aerfer, da agricola si è avviata verso la società industriale, la seconda, negli anni 60-70, con l’Alfa-Sud, poi Fiat , si conferma come società industriale per proiettarsi, con Stellantis, nel post-industriale, e , ora, verso la società dell’informazione , convivente con l’industria. In questo divenire darwiniano , i contorni tradizionali della nostra comunità si sono sfumati, assumendo nuovi colori , seguendo la variabilità delle idee di una opinione pubblica che vive senza più l’ancora della certezza.


Se prima, con i partiti e le idee fortemente presenti nel corpo solido della società, si calcolava la vittoria dell’uno o dell’altro a chi era più bravo a catturare il consenso di quel 10% dell’opinione pubblica, non politicizzata, non ideologizzata, ora, nel vuoto dei partiti e delle ideologie, questo rapporto è salito in modo esponenzialmente; si consideri che tra una elezione e l’altra si fa un balzo in avanti o indietro di 20, 30 punti percentuali; uno spostamento del corpo elettorale di dimensione un tempo inimagginabile. con effetti sconvolgenti sulla governabilità del sistema paese. Un vuoto da colmare. È questa la sfida delle nuove generazioni : proseguire nella società dell’informazione , senza ostacolare l’avanzamento delle tecnologie, sempre più sofisticate, ma recuperando i valori di una società solidale, che non dimentica gli ultimi. Rispolverando , riveduto e corretto al XXI secolo , lo slogan politico più indovinato del mondo….Proletari di tutto il mondo unitevi!


di Saverio Auriemma

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