Lello Russo, lo yin e yang della politica pomiglianese

Felice Massimo De Falco • 5 aprile 2023

Si tratta di un capolavoro politico, l’ennesimo, sugli errori degli avversari. Dimezza il Pd quasi fino a renderlo vano, cancella il centrodestra prendendosi le parti migliori, ridicolizza i tentativi centristi. Sembra esser tornati al vecchio slogan “United colors of Lello Russo, sì perché ora è davvero variegata la coalizione e potrebbe mostrare segni di contraddizioni in futuro. La nuova sfida è questa: affidare la guida di questo variegato consorzio a chi sappia fare sintesi, tra lo yin e lo yang. Al di là dei colori, chiunque non può che dire: chapeau!

La filosofia cinese spiega che l’armonia risiede tra gli opposti. Ogni cosa nel mondo ha un polo opposto necessario. Dopo un apice segue un punto profondo, dopo un movimento il riposo e così via. Il simbolo che si ha subito di fronte agli occhi se si pronuncia lo Yin-Yang, è composto da una parte nera e bianca. La parte nera (Yin) rappresenta l'oscurità, la calma, il ricevere passivo, il femminile e il morbido. Il bianco (Yang) al contrario rappresenta il sole ovvero la luce e il calore, il dare attivo e la mascolinità.


Per essere politici di rango bisogna stare “nel mezzo”, attendere la luce e il buio con la flemma di chi ha un obiettivo ultimo. Nulli concedo: a nessuno voglio appartenere. L’obiettivo ultimo di Lello Russo è sempre stato quello di vincere e cannibalizzare gli avversari facendosi concavo e convesso, giocando a tutto campo a viso non sempre scoperto, sparigliare le carte in tavola a destra e a sinistra per calamitare col suo appeal scientifico i più scafati “danzatori illusi della democrazia”. E non gli serve partire con un armamentario a disposizione per sparare le sue cartucce.


Gli basta l’arte della politica che fà e disfa, macerandosi nelle attese e nei vaneggiamenti altrui. Lello Russo tiene occhio in ogni campo perché, al tempo della politica liquida, può arrivare ovunque. E allora, partendo dalla piccola lanterna di 1799 e mettendo davanti la sua autorevolezza e furbizia, accalappia i reduci della disillusione un po’ ovunque, tenendosi lontano da etichettature. Costruisce le squadre in corso d’opera, smarcandosi dai diktat verticistici e facendo leva solo sulla sua esperienza. Di qui, prende sotto la sua protettiva Eduardo Riccio, che con Del Mastro era vicesindaco, lo scuda dalle ire funeste del Pd napoletano, reo di aver contaminato quel campo largo che "aveva dispercezione della realtà"


Riccio ha portato a Russo lo scalpo della consiliatura Del Mastro e da uomo d'onore lo accoglie,  lo consiglia, lo coccola. Tra Eduardo Riccio e Lello Russo, prima acerrimi avversari, parte una ventata di amorevoli sguardi tanto che Eduardo arriva a spendere parole "gelatinose" per Russo, fino a lanciarlo "de facto" come autorevole candidato a sindaco. Il potere per il potere, si dice.


Cuce un abito sartoriale per la galassia socialista mettendo assieme Psi e Riformisti, lancia una liason politico-culturale con Azione, tiene aperta la porta anche agli ex grillini di Obló, in ultimo aspetta l’harakiri del fantomatico centrodestra accogliendo “il figliuol prodigo” Domenico Leone e la sua forte squadra. Tutto questo con le sole abilità che la natura gli ha concesso in eccesso: l’arte della politica che è l’arte dell’impossibile. E' una sorta di cannibalismo politico, cosa che gli sortì tanti anni fa l'epiteto di Bokassa, dittatore africano che mangiava i resti dei suoi avversari. Leggende che ingombrano i recessi della storia


E l’uscio di casa sua sembra ancora aperto dopo il capitombolo di centrodestra. Molti di coloro i quali intendevano sostituirlo, non sapranno dove andare se non da lui. Si tratta di un capolavoro politico, l’ennesimo, sugli errori degli avversari. Dimezza il Pd quasi fino a renderlo vano, cancella il centrodestra prendendosi le parti migliori, ridicolizza i tentativi centristi. Intanto fa incetta di candidati forti e prepara con gli alleati il programma, passpartout della Grande Battaglia: l'assegnazione della candidatura a sindaco, a cui guarda con malizioso disinteresse, nell'attesa che dal suo caminetto esca fumo bianco.


Sembra esser tornati al vecchio slogan “United colors of Lello Russo, un'armonia dissonante, sì perché ora è davvero variegata la coalizione e potrebbe mostrare segni di contraddizioni in futuro. La nuova sfida è questa: affidare la guida di questo variegato consorzio a chi sappia fare sintesi, tra lo yin e lo yang. Al di là dei colori, chiunque, che sia amico o avversario, non può che dire: chapeau!


Sono stati tanti, ventisette mesi di forzato "confino" a vivere da asceta tra libri e gatti rimestando sugli errori commessi che lo hanno tenuto fuori dalla coreografia del potere e a compulsare il suo emisfero sinistro per far si che "la politica torni" a Pomigliano, come recita la sua 1799. Ed ora gronda "bonomia da tutti gli artigli" ed è pronto a tendere il suo arco bellicoso.


Un'Odissea di dissapori che il fato ha voluto che egli vedesse la sua Itaca e la riplasmasse a sua immagine e somiglianza. Ora può guardarli tutti in faccia con sguardo sciamano, con gli occhi bruciati dalla riscossa come un faunetto demoniaco mitigato dalla meditazione.

Resta da capire ora: con chi farà la guerra questa Grande Armata di danzatori disillusi scesi alla corte di Lello Russo se nel mezzo e a sinistra, dove giace mercanzia orfana, illuministi delle scuole serali, si suona già il requiem dell'irrilevanza?




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