Pomigliano, quei gruppi fluidi tra violenza e criminalità che scorazzano per la città

Francesco Cristiani • 22 giugno 2023

A Pomigliano se ne vedono in giro diverse. Essenzialmente si fanno vive di sera, appena dopo le 21. Il sabato e la domenica specialmente, si sbizzarriscono. Sono giovani che seguono un dress code, in genere una t-shirt nera, e che si divertono in vario modo. Azioni tante volte non strettamente criminali, ma sicuramente moleste e danneggiatrici. Nella migliore delle ipotesi urlano, rompono qualcosa, lasciano rifiuti. Incrociare gli sguardi di questi ragazzi, lanciargli un rimprovero, spesso provoca risposte arroganti e provocatorie: la ricerca della rissa è una delle loro attivitá predilette.


I loro luoghi di riunione serali diventano uno spazio esclusivo, dal quale le persone comuni si tengono alla larga per evitare guai. Non sempre però è possibile: l’abbiamo visto con Frederick, che ci ha rimesso la pelle.


L’assassinio di Frederick Akwasi Adorfo ripropone all’attenzione anche di chi si ostina a non vedere, un problema gravissimo. Quello della sicurezza del nostro territorio. I due indiziati dell’omicidio sono giovanissimi, appena sedicenni, e a quanto si apprende dalle cronache farebbero parte di una cosiddetta baby gang. Una banda come ce ne sono tante, lo vediamo tutti ogni giorno, dalla composizione piuttosto fluida, senza scopi dichiarati, i cui membri sono accomunati da un comportamento violento ed ostentato, chiaramente ispirato a modelli criminali, che pongono un determinato territorio sotto il loro dominio.


A Pomigliano se ne vedono in giro diverse. Essenzialmente si fanno vive di sera, appena dopo le 21. Il sabato e la domenica specialmente, si sbizzarriscono. Sono giovani che seguono un dress code, in genere una t-shirt nera, e che si divertono in vario modo. Azioni tante volte non strettamente criminali, ma sicuramente moleste e danneggiatrici. Nella migliore delle ipotesi urlano, rompono qualcosa, lasciano rifiuti. Incrociare gli sguardi di questi ragazzi, lanciargli un rimprovero, spesso provoca risposte arroganti e provocatorie: la ricerca della rissa è una delle loro attivitá predilette.


I loro luoghi di riunione serali diventano uno spazio esclusivo, dal quale le persone comuni si tengono alla larga per evitare guai. Non sempre però è possibile: l’abbiamo visto con Frederick, che ci ha rimesso la pelle.

   

Queste baby gang non sono strutture criminali vere e proprie, nel senso associativo finalizzato a delinquere. Non hanno una struttura mafiosa o camorristica, e non ne rappresentano l’emanazione, pur tante volte essendovi legami familiari con pregiudicati. Con l’esperienza camorristica tuttavia queste baby gang hanno un lato in comune, seppure probabilmente in qualche modo inconsapevole.


C’è infatti un evidente parallelismo tra la situazione attuale e quella degli anni 80, quando l’hinterland napoletano e lo stesso capoluogo erano strettamente assoggettati al controllo dei clan. Chi ne ha l’etá, ricorderá quei tempi bruttissimi, quando molte azioni illecite si svolgevano praticamente alla luce del sole. I boss spadroneggiavano per le strade e nei bar, facendosi vedere da tutti, e tutti li riconoscevano. Attivitá come il contrabbando, lo spaccio di droga, erano ad ogni angolo di strada. Le persone comuni si giravano dall’altra parte, e pur sapendo e vedendo, cercavano solo di tenersi alla larga dai guai.

Perché quella era una camorra che faceva paura, e non è stato raro che ci scappasse il morto, anche per una banalitá.

Evidentemente, quella criminalitá organizzata di paura doveva farne anche agli uomini delle forze dell’ordine, che in buona sostanza lasciavano fare. Perché quella occupazione del territorio, cosi’ com’era sotto gli occhi di tutti, era anche sotto i loro occhi.


Certo, a partire poi dagli anni 90 la situazione è cambiata, ci sono state migliaia di arresti tra Napoli e provincia, i clan sono stati debellati. Ma c’è voluto oltre un decennio prima che il territorio fosse recuperato al minimo sindacale di legalitá apparente.


Oggi non ci sono più i clan camorristici e a occupare le strade delle nostre cittá ci sono queste baby gang. Il quadro sembra quasi del tutto cambiato, da allora: i protagonisti, gli interessi, le modalitá operative, i codici di comunicazione sociale. Cambiato quasi del tutto, ma non competamente.  Perché restano due costanti: il senso di insicurezza che le persone comuni sono costrette a subire, e la elefantiaca lentezza delle forze dell’ordine a prendere coscienza della gravitá di questo fenomeno e a intervenire per debellarlo.


di Francesco Cristiani

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