Anna Lepre: "così vanno rinnovati strutture e programmi formativi"
Parla il Direttore del Centro Studi Lepre Group Anna Lepre-Dottore commercialista Odcec Napoli

In Campania il fenomeno della dispersione scolastica continua ad avere dimensioni preoccupanti. Lo ha ricordato Save The Children: nella regione la percentuale di chi non rispetta l’obbligo è pari al 16,4%. Ne parliamo con Anna Lepre, Direttore del Centro Studi Lepre Group.
Come impedire che tanti giovanissimi restino esclusi dal circuito formativo? Innanzitutto elevando la spesa per l’istruzione e la formazione, che in Italia è inferiore a quella media dei Paesi europei. E’ poi evidente che, non solo in Campania ma nell’intero Meridione, i problemi sono più gravi
.Da cosa deriva la dispersione scolastica in particolare? C’è una questione sociale e culturale, che investe il contesto di provenienza di questi bambini e ragazzi. Ma le condizioni si possono cambiare, se c’è la volontà politica. Negli ultimi decenni questa componente fondamentale è mancata. Anche perché le restrizioni della finanza pubblica non consentivano molti margini per investimenti fondamentali da porre in essere
.In che direzione? Bisogna partire dagli asili nido, la cui carenza nel Sud contribuisce ai bassi tassi di occupazione femminile. Occorre inoltre rendere la scuola una comunità dove si può vivere anche oltre l’orario di studio. Nelle elementari, a Nord e nel Centro Italia, il tempo pieno supera il 50%, in Campania si ferma al 18%. Nella regione, e nel Sud in generale, sono insufficienti le palestre, spesso non c’è la mensa, gli edifici stessi in tanti casi non rispettano alcune norme di sicurezza. E’ tempo di trasformare questa situazione. Le risorse aggiuntive assegnate all’Italia con Next Generation Eu permettono di farlo
.Quindi siamo sulla strada giusta? In teoria possiamo almeno migliorare la situazione, ma sappiamo bene che non basta disporre di risorse, occorre sapere spendere. Il percorso di semplificazione amministrativa deve continuare e il monitoraggio rigoroso dei tempi va assicurato anche dal futuro Governo, formato dopo il 25 settembre. Non si tratta ovviamente solo della scuola primaria, bisogna avvicinare i giovani al mondo del lavoro
.Al Sud i tassi di disoccupazione giovanile sono i più alti d’Europa. Come svoltare, anche qui? Dobbiamo porci il problema dei Neet. In Italia i ragazzi che non studiano e non lavorano sono quasi un quarto del totale, siamo la maglia nera d’Europa. In Campania raggiungono il 34%, e in tutto il Sud il fenomeno è più grave. Per ridurlo bisogna creare prospettive concrete per i giovani. Negli ultimi anni della scuola secondaria, il rapporto con imprese e mondo delle professioni deve essere pianificato, fornendo strumenti di orientamento ai ragazzi e incentivandoli verso percorsi formativi in grado di favorire il loro ingresso nella realtà del lavoro
.Pensa agli Its? Non solo agli Istituti tecnici superiori, ma di sicuro gli Its costituiscono uno strumento che ha avuto successo in altri Paesi e che deve essere diffuso su larga scala anche in Italia. Il Pnrr va in questa direzione, speriamo, anche qui, che ai propositi seguano puntualmente gli interventi
.I profili professionali stanno cambiando. Appunto. E il grande rischio è di non riuscire, con programmi scolastici per alcuni aspetti rigidi e anacronistici, a favorire un percorso di studi in grado di intercettare i reali fabbisogni delle imprese e di una modernizzata pubblica amministrazione. La digitalizzazione deve orientare anche la formazione di base
.E’ ottimista o pessimista ?Di sicuro, abbiamo una grande opportunità. E proprio a Napoli vi sono esperienze, come il Polo di San Giovanni a Teduccio, che possono essere prese ad esempio di come fare evolvere positivamente anche un contesto territoriale degradato. Ma vorrei rimarcare anche l’esigenza di non trascurare un’altra linea direttrice
.Quale ?Abbiamo tante piccole imprese e realtà artigiane del made in Italy e del made in Campania, in particolare, che, se sostenute da politiche pubbliche lungimiranti, possono coniugare conoscenza di antichi mestieri e innovazione tecnologica. Proprio i giovani possono continuare questa tradizione, ma occorre supportare il loro apprendistato. Micro imprese e maestri artigiani non possono avere oneri ulteriori per giovani inevitabilmente non produttivi nei primi tempi del loro ingresso in ‘bottega’. Lo Stato, investendo in questo campo, si garantisce la prosecuzione e l’ampliamento di settori che, producendo pil, ripagano con i maggiori introiti fiscali quanto ricevuto attraverso il sostegno ai giovani apprendisti
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