Bettino Craxi, statista italiano in nome della libertà

Francesco Urraro • 25 gennaio 2023

Bettino Craxi, statista italiano in nome della libertà

Bettino Craxi è stata certamente una delle figure più controverse degli ultimi anni della cosiddetta prima Repubblica. Ancora oggi, a distanza di decenni dalla sua scomparsa, è difficile parlarne senza scatenare tifoserie contrapposte tra chi vede in lui un politico con grandi criticità e chi invece pensa sia stato un grandissimo politico, forse l'unico vero leader riformatore dei primi 45 anni di storia repubblicana.


Negli archivi sono presenti un centinaio di cinegiornali in cui compare il leader socialista. Il primo è del 1967 e Craxi ascolta attentamente una riunione socialista in cui si parla del risultato elettorale in Sicilia seguito all'unificazione tra PSI e PSDI. L'ultimo è del 1989, al congresso di Milano con la famosa piramide telematica.

In mezzo il referendum sul divorzio del 1974, l'elezione a segretario nel 1976, il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro nel 1978, quando per la prima volta il PSI di Craxi assumerà posizioni molto differenti da quelle di DC e PCI, aprendo ad una trattiva con le Brigate Rosse per provare a salvare la vita del leader democristiano.


Infine gli anni alla Presidenza del Consiglio, primo socialista a ricoprire questa carica nella storia dell'Italia repubblicana.

Una parte fondamentale della sua vita è riferita a Craxi e il PSI, in cui il leader socialista compare accanto ai protagonisti del suo partito: Nenni, De Martino, Giacomo Mancini, Cicchitto, Manca, Balzamo, Signorile, Lombardi e Amato. Poi Craxi e gli altri partiti italiani: Saragat, Romita, Berlinguer, Piatro Longo, Ingrao, Napolitano, Spadolini, Pannella De Mita e Aldo Moro. In campo internazionale lo troviamo soprattutto con i suoi compagni dell'Internazionale Socialista: Willy Brandt, Felipe González, Olof Palme, François Mitterrand, Lionel Jospin ,Ted Kennedy e Yasser Arafat.


Di rilievo le iniziative istituzionali relative ai due concordati firmati da Craxi in veste di Presidente del Consiglio: quello con i valdesi e quello con la Chiesa cattolica, 55 anni dopo quello siglato da Mussolini; c'è poi il Craxi meno politico e infine una serie di ritratti scattati nel corso di un quindicennio di attività politica.

Travolto insieme a tutto il partito, che in un quindicennio aveva sostanzialmente forgiato a sua immagine, dall'inchiesta di mani pulite, il leader socialista morì ad Hammamet, in Tunisia dove viveva inseguito da due condanne passate in giudicato. Come spesso succede, osannato in vita, Craxi, con molte responsibilità personali, venne dileggiato quando cadde in disgrazia, fino a rendere sempre più complicato un giudizio complessivo sulla sua azione politica.


Bettino Craxi è stato un ottimo oratore, chiaro nell’esposizione, bravissimo nella replica, nell’invettiva, nell’arringa. Quando parlava in piazza, dal palco di un comizio, dava il meglio di sé, dosando un argomento dietro l’altro senza dimenticare nulla, proponendo la sua tesi con una logica stringente che nasceva da un forte convincimento. Si era formato ad una buona scuola, quella della politica milanese degli anni Sessanta, e prima ancora nell’infiammato confronto giovanile degli organismi universitari; e le esperienze della vita di partito e gli incarichi pubblici che seguirono lo perfezionarono, ne affinarono stile e modo di espressione.


Parlava spesso a braccio, con le mani libere da fogli e foglietti; ruotava il busto per guardare il suo pubblico in faccia, ma sempre con grande compostezza ed indicando con il braccio e il dito proteso l’argomento che gli premeva mettere in rilievo. Con il passare degli anni, affermatosi alla guida del suo partito e poi nell’arena nazionale, i discorsi più impegnativi preferiva scriverli. Adoperava il retro dei fogli di qualche rassegna stampa che raccoglieva sul tavolo e li riempiva con una scrittura a caratteri grandi, da cui non era difficile dedurne per le segretarie una battitura a macchina a doppio spazio. Craxi scriveva discorsi non perché gli mancassero le parole ma perché ne aveva troppe. L’oratoria è ridondante, enfatizza, spesso altera i significati; e Craxi voleva innanzitutto essere preciso. Ogni persona, ogni argomento doveva avere sempre la sua giusta misura.

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