Come cambia il mondo del lavoro: ora si punta su se stessi

Redazione • 4 maggio 2022

Come cambia il mondo del lavoro: ora si punta su stessi

La pandemia è stata una sorta di accelleratore di trasformazioni sociali e relazionali. Ha ridotto i tempi della digitalizzazione con le sue nuove potenzialità, ha cambiato l’organizzazione nel mondo del lavoro, della scuola, della sanità, creando nuovi modi di imparare e lavorare. Ciò che sembrava destinato a svolgere un ruolo in qualche anno se non decennio, come la DAD o lo smart working, è diventato in poche settimane un dato di realtà che ha permesso di superare un periodo di forte stasi.


Ma il cambiamento repentino ha modificato anche la percezione della vita. Sono nati i city quitters, coloro che lasciano le grandi metropoli ricche di servizi e stimoli, per ritrovare una dimensione più naturale e in sintonia con nuovi bisogni ed equilibri nella gestione familiare. Si è assistito anche al fenomeno, inizialmente tutto statunitense, delle Great Resignations, ossia le Grandi Dimissioni.


Sembra che il 44% dei dipendenti americani sia alla ricerca di un nuovo lavoro: questa la percentuale di un sondaggio effettuato tra il dicembre 2021 e il gennaio 2022, il “Global Benefits Attitudes Survey 2022”, condotto dalla società di consulenza Willis Towers Watson. Quel che finora si è verificato è stato il “rimescolamento” di 48 milioni di lavoratori nel 2021 con punte di 4,8 milioni toccate a novembre 2021 e di 4,3 nel mese di gennaio 2022. Un fenomeno che si sta allargando ma di cui ancora si fatica a comprenderne le più profonde motivazioni. Sembra che la maggior parte dei lavoratori ricerchi un lavoro più remunerativo, altri, invece, vorrebbero condizioni migliori e la possibilità di continuare a lavorare in smart working.


In Italia i dati non sono paragonabili a quelli americani, ma la YOLO Economy, “You Only Live Once”, sembra stia piano piano trovando seguaci anche “da noi”. Secondo i dati del Ministero del Lavoro, nel secondo trimestre 2021 si sono registrate quasi 500mila dimissioni – che segnano un incremento del 37% rispetto ai tre mesi precedenti e dell’85% rispetto allo stesso trimestre del 2020. Non tutti, però, concordano che il leitmotiv di questi rivolgimenti risieda nel “si vive una volta sola”.


Se fosse, invece, una un cambiamento naturale legato a qualcosa di più profondo? Se le persone cercassero altre dimensioni, oltre alla retribuzione? Potrebbero cercare una condivisione maggiore dei valori tra società e dipendenti, un rapporto positivo tra colleghi, un luogo dove crescere professionalmente ma anche umanamente? Negli ultimi anni si è assistito anche alla diffusione di modelli societari diversi come le società benefit, ossia società che, a fronte di una certificazione, si impegnano a perseguire obiettivi e standard determinati, come la trasparenza e la responsabilità sociale, e cercano di operare per avere un impatto positivo sulle comunità, sull’ambiente e sugli stessi dipendenti. Anche questo è un plus che può muovere alla ricerca di un cambiamento. Tuttavia se ci sono aziende che si sono mosse in queste direzioni, altre sono rimaste indietro


Come gestire questa rivoluzione quasi epocale? Il punto centrale è investire nella consapevolezza delle persone rispetto ai propri ruoli professionali. Questo vale per i giovani che si affacciano sul mondo del lavoro, ma anche, e forse soprattutto, per chi si trova in una situazione di insoddisfazione. Riscoprire le proprie motivazioni e la propria visione, ma anche riprendere in mano i propri sogni e coltivare le proprie abilità e competenze è diventato strategico in un mondo che corre veloce. Da soli è difficile. Tutti avrebbero bisogno di fermarsi per ripartire, indirizzati da chi può guardare a un orizzonte più lontano: chi si occupa di formazione e lavoro con uno sguardo costante al futuro.


Pensiamo a Phyd, ad esempio, la digital venture di The Adecco Group, che aiuta persone e organizzazioni a orientarsi nel futuro del lavoro. Phyd nasce da una formula ibrida, in assonanza con il contesto lavorativo attuale: Phyd, infatti, è la crasi di physical e digital perché unisce un Hub, uno spazio fisico in via Tortona a Milano, e uno spazio digitale, una piattaforma in grado di misurare l’occupabilità di una persona rispetto alle professioni alle quali ambisce.

Occupabilità è un termine diverso da occupazione: contiene al suo interno una spinta al dinamismo, al farsi trovare pronti per le opportunità che arrivano dal mercato del lavoro. La piattaforma, infatti, è in grado di suggerire quanto il proprio profilo aderisca alla posizione desiderata in base alle competenze, ma anche quale strada percorrere per eliminare l’eventuale gap. Questo è possibile grazie all’AI, che incrocia le informazioni provenienti da molteplici database con quelle della singola persona.


Ma con Phyd anche la relazione è coltivata grazie alla possibilità di incontrarsi per eventi e workshop, che puntano al reskilling o all’upskilling, grazie alle attività di coaching che supportano i coachee nell’affrontare un nuovo percorso personale e personalizzato e ai servizi di tutoring che vanno dalla valutazione del proprio curriculum alla preparazione per un colloquio. Phyd si pone come nuovo incubatore di crescita professionale, ma anche come interlocutore sociale che agisce per la comunità: nel 2021, infatti, è diventata una società benefit.

Un buon modo per celebrare una realtà giovane e già in pieno cambiamento.



 


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