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La neurodiversità – Quando genio e follia si fondono. Intervista alla psichiatra Liliana Dell’Osso

Felice Massimo De Falco • ott 20, 2023

Nel genio di una mente neuroatipica risiede l’abilità di produrre un linguaggio inedito e rivoluzionario, costruito all’interno del proprio mondo e riversato all’esterno come dono inestimabile. Fu il caso di Vincent van Gogh, Pablo Picasso e Vasilij Kandinsky, che con il proprio sentire intenso e sublime diedero corpo all’ineffabile. Così accadde con le opere letterarie di Franz Kafka e Jerome D. Salinger, la cui penna seppe attingere da un inchiostro universale, e con i capolavori architettonici di Frank L. Wright, un’araba fenice dalle cui ceneri non smisero mai di nascere diamanti. Fu lo stesso per Charles Darwin e Ludwig Wittgenstein, che rovesciarono le regole del pensiero scientifico e filosofico, e per Hedy Lamarr, una mente più splendente della bellezza esagerata che le toccò in sorte. Tutti loro avvertirono con forte anticipo i cambiamenti germinali del mondo che abitavano e indicarono ai contemporanei la direzione in cui procedere. Troppo spesso incompresi: figli prematuri di un tempo ancora distante, svelato ai loro occhi da una mente tanto preziosa quanto vulnerabile.

E’ uscito da qualche mese un bel lavoro lavoro editoriale, scritto assieme a Daniela Toschi e Giulia Amatori, “Figli prematuri del futuro. Darwin - van Gogh - Kandinskij - Wright - Picasso - Kafka - Wittgenstein - Lamarr - Salinger”. Si parla della neurodiversità di personaggi famosi che con il loro genio deviato hanno segnato il pensiero contemporaneo. Perché li chiama prematuri del futuro?

 

Si tratta di personaggi che seppero spingere lo sguardo oltre i confini del proprio tempo, anticipando idee e conquiste future, proprio in virtù di una neuroatipia. Portatori di tratti che oggi definiremmo di tipo autistico (da cui la metafora dell’aggettivo “prematuro”) strettamente connessi alla creatività, alla intuizione geniale, al pensiero divergente. Per citare alcuni di essi, l’architetto Frank L. Wright attinse esclusivamente alla propria immaginazione per progettare edifici all’epoca impensabili, in assenza delle attuali tecnologie. Allo stesso modo, negli anni quaranta del Novecento, un’icona del cinema di nome Hedy Lamarr, insospettabile scienziata, elaborò un’invenzione alla base della moderna tecnologia wireless.

 

Cos’è la neurodiversità?

 

Ogni individuo possiede un cervello unico, differente dagli altri per alcuni aspetti funzionali e strutturali. Esiste tuttavia una traiettoria di neurosviluppo comune alla maggior parte della popolazione, alla base di menti “tipiche”. Alterazioni dell’usuale sviluppo cerebrale condurranno invece ad una neuroatipia, ovvero ad una modalità di funzionamento neuropsicologico peculiare, più vulnerabile per alcuni aspetti, straordinario per altri.

 

 

Qual è stato il personaggio che più ha impegnato le sue ricerche e dal quale ha tratto una sorta di seduzione mentale?

 

Mi permetta di citarne due, con lo stesso cognome. Questi due personaggi sono l’esempio di come una mente divergente possa spaziare dalle vette del talento agli abissi della malattia mentale. Tutti conoscono Vasilij Kandinskij, il pittore. Un uomo geniale con una mente a dir poco particolare, evidente nella capacità di sentire il rumore dei colori, di percepirne un legame fisico con la musica e gli stati d’animo. Distorsioni sensoriali, frutto di anomalie neurali, che ne ispirarono i capolavori e non mancarono di turbarlo in alcune occasioni, ma non abbastanza da comprometterne la salute mentale. Non fu lo stesso per Viktor Kandinskij, zio di Vasilji e celeberrimo psichiatra. La sua intensa attività intellettuale, brillante oltre i limiti della norma, dovette convivere con un severo disturbo mentale che ne causò la morte per suicidio.

 

 

 

Parliamo di personaggi che hanno vissuto tempi ancora bui per la psichiatria in termini farmacologici. Come si curavano all’epoca?

 

 

Uno per tutti, il pittore del futuro: uomo affascinante e tormentato, affetto da un disturbo mentale estremamente severo. Fu il fratello Theo, angelo custode, che lo incoraggiò a dipingere nei momenti più bui per risollevarsi. Le sue opere ne riflessero spesso le tappe di malattia: cupe nelle fasi depressive, conturbanti nei periodi di eccitamento maniacale, celestiali nei momenti di benessere, come quando dipinse, con grande calma e tocco fermo, Rami di mandorli in fiore, considerato da molti il suo dipinto più bello. La neurodiversità di Vincent van Gogh lo rese vulnerabile allo sviluppo di una malattia mentale che ne tormentò la vita sino all’atto estremo del suicidio, ma fu anche alla base dei suoi metodi pittorici rivoluzionari. Possiamo solo immaginare di quali ulteriori meraviglie sarebbe stato capace se, vissuto in epoca moderna, avesse potuto giovare di una terapia farmacologica in grado di liberarlo dal fardello della malattia mentale, permettendo alla sua mente divergente di esprimersi liberamente, di fiorire come mandorli a primavera.

 

A tal proposito, ci domandiamo: senza disturbi mentali, questi uomini e donne che oscillavano tra Inferno e Paradiso, avrebbero prodotto i capolavori che li hanno resi celebri?

 

La loro produzione artistica sarebbe stata invariabilmente proficua, forse diversa, ma altrettanto straordinaria. Pensiamo a Edward Munch, l’autore del celeberrimo L’urlo, un personaggio di cui ho avuto il privilegio di occuparmi in un altro saggio uscito all’inizio di quest’anno, “Pennelli come bisturi”, interamente dedicato alla sua psicobiografia. La sua vita fu pervasa dalla malattia mentale e dai traumi psichici estremi, anni di profonda sofferenza in cui produsse dipinti potenti come il dolore, veicoli esemplari dell’angoscia e di altri sentimenti sconquassanti: basta osservarli per sentire le emozioni che li ispirarono. Quando 45enne, dopo un lungo ricovero, scelse di interrompere lo stile di vita autodistruttivo e gli abusi di alcol e sostanze, recuperando un buon equilibrio psicofisico, ecco spuntare l’opera che non ti aspetti: Il Sole, enorme dipinto esposto presso l’Università di Oslo, forte come la vita, simbolo dell’eterno.

 

Ci sono poi le persone comuni, non dotate di certe inclinazioni, tra le quali dilaga lo stigma sociale e l’emarginazione ancora oggi che la società sembra uscita fuori dal cunicolo dell’evitamento. Va a loro questo libro?

 

Il libro è diretto a chiunque abbia interesse ad ascoltare le storie di esseri umani che, pur avendo dato contributi eccezionali alla civiltà, potrebbero rassomigliare a persone comuni: figli, fratelli, genitori, amici, conoscenti, noi stessi. Affinché, oltre lo stigma, si possa comprendere come una mente diversa vada protetta, poiché vulnerabile, e valorizzata, poiché preziosa e capace di conquiste straordinarie.

 


Liliana dell'Osso è Presidente della Società Italiana di Psichiatria, Professore Ordinario di Psichiatria, Direttore della Clinica Psichiatrica e della Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell’Università di Pisa. È autrice/coautrice di oltre 900 pubblicazioni su riviste scientifiche, prevalentemente internazionali, di manuali e di numerosi saggi tra cui: L’altra Marilyn (Le Lettere, 2016), L’abisso negli occhi (ETS, 2016), La verità sulla menzogna (ETS, 2017), Il caso Coco Chanel (Giunti, 2018), L’ombra dell’autismo (FrancoAngeli, 2018), Genio e follia 2.0 (FrancoAngeli, 2019), Fatti di quotidiana follia (Giunti, 2019), Mostri, seduttori e geni (Alpes, 2021), Psichiatria 2.0 (FrancoAngeli, 2021), Elena e le altre (ETS, 2021), Il corpo geniale (Alpes, 2021), Dall’universo dell’autismo allo spettro della catatonia (FrancoAngeli, 2022), La psicopatologia della vita quotidiana 2.0 (FrancoAngeli, 2022), Trauma (Alpes, 2022), Il segno di Medea (ETS, 2022). 
Fa parte dei Top Italian Scientists, del Board di Top Italian Women Scientists e di 100esperte.it

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