Pomigliano, c'era la Politica e ora non c'è più?

Vera Dugo Iasevoli • 23 marzo 2023

"La vivacità politica ha sempre contraddistinto Pomigliano d’Arco, ma si è maggiormente rafforzata allorquando nella nostra Città sono confluite due anime contrapposte, quella agricola e quella industriale, che hanno convissuto talvolta in alternativa, quando non in simbiosi o, addirittura, in determinati periodi, in conflitto. "

Pomigliano d’Arco è stato da sempre un centro particolarmente vivo e vivace politicamente, luogo anche di scontri politici accesi. Indicativi di ciò sono le epiche battaglie verbali che Ercole Cantone, indimenticato sindaco locale, e il fratello Salvatore ebbero contro gli avversari politici: Nunzio Coppola, Elia Savelli,  Mauro Leone e Felice Basile entrambi fondatori del Partito Popolare di Pomigliano d’Arco. Scontri e lotte politiche ad alto livello, che si consumavano tra personaggi di alto spessore i quali, servendosi della pura dialettica e di una fine acribia, portavano elegantemente avanti le loro idee politiche senza, tuttavia, esclusione di colpi.


E, difatti, autorevoli figure politiche possono essere annoverate fra quelle che, in passato, hanno saputo amministrare la città di Pomigliano d’Arco, con saggezza e lungimiranza. Il primo e più antico, tra questi protagonisti locali, di cui abbiamo notizie storiche certe, è stato senz’altro il nobile Sebastiano Primicile Carafa, che fu sindaco nel 1566, al tempo in cui Pomigliano era feudo dei Grimaldi duchi d’Eboli; ma ne possiamo ricordare anche altri, di nomi illustri, come quelli dei nobili De Falco Domenico e Pietrantonio, sindaci tra il 1811 e il 1819;


e non possiamo non menzionare anche un'altra figura che ebbe il merito di governare bene il nostro piccolo centro abitato, quella di Gioacchino Cutinelli, sindaco tra il 1812 e il 1838; così come altri esponenti del passato, meritevoli di menzione, sono senz’altro: Pasquale Primicile Carafa, discendente di quel Sebastiano già menzionato, il quale fu sindaco tra il 1847 e il 1849; il mio illustre avo Pasquale Gaudiosi, sindaco tra il 1861 e il 1863; nonché il celeberrimo Vittorio Imbriani, che resse il governo della nostra città dal 1875 al 1876; così come l’abate Felice Toscano sindaco dal 1879 al 1880; o lo stesso Ercole Cantone, che lo fu dal 1906 al 1913.


Insomma, possiamo dire che la nostra città è stata amministrata da un “buon governo” allorquando vi sono stati eletti sindaci che, con la loro autorevolezza e saggezza, sono stati in grado di guidarla verso un miglioramento delle condizioni generali dei suoi abitanti ed un potenziamento delle strutture dell’abitato. Inoltre, vi sono state anche figure importanti dal punto di vista politico, ancorché non siano state elette alla guida della città, come quelle di Felice Basile e Mauro Leone, entrambi fondatori, nel 1919, del Partito Popolare a Pomigliano d’Arco.


Ma, anche in seguito, la politica locale ha proseguito il suo cammino guidata    da individui avveduti e onesti, che sono rimasti impressi nella memoria di tutti; figure indimenticate e indimenticabili di sindaci, tra i quali non possiamo non citarne almeno alcuni, come ad esempio:  Pranzataro, Caprioli, Testa, Caiazzo, Russo, ecc.

La vivacità politica ha sempre contraddistinto Pomigliano d’Arco, ma si è maggiormente rafforzata allorquando nella nostra Città sono confluite due anime contrapposte, quella agricola e quella industriale, che hanno convissuto talvolta in alternativa, quando non in simbiosi o, addirittura, in determinati periodi, in conflitto.

La sovrapposizione fra esigenze e necessità differenti ha  inevitabilmente  provocato forti tensioni sociali, già a partire dall’inizio degli anni ’60, quando gli operai delle fabbriche, in mancanza di chiarezza sociale, economica e lavorativa del loro ruolo, iniziarono delle forti rivendicazioni sindacali che si fecero via via sempre più aspre, finché nel 1964 non sfociarono in contestazioni operaie, tafferugli e conseguenti repressioni.


In quegli stessi anni di incertezze sociali nelle industrie, anche il mondo contadino fu scosso da tumulti e rivolte che terminarono, nel 1968, in una fortissima manifestazione di protesta, la quale investì anche il mondo agricolo pomiglianese e che fu definita: “rivolta delle patate”. In concomitanza, in quegli stessi periodi, si accese anche la cosiddetta “rivoluzione studentesca” che non fu senza eco a Pomigliano e che contribuì, assieme alle altre rivendicazioni sociali, a forgiare gli animi degli abitanti e il loro senso civico, per cui in molti iniziarono a prestare attenzione alle giuste richieste dei tanti e a prendere coscienza di tutte le problematiche sociali che attraversavano in quel tempo la nostra comunità, specchio essa stessa dei disagi della società civile del tempo.


Dunque, queste lotte sindacali e sociali avevano operato una forte sensibilizzazione generale, verso le esigenze dei lavoratori, che sfociò alfine in una condivisione e un supporto operativo da parte di gruppi musicali locali, i quali, attraverso manifestazioni, scaturite dalle antiche tradizioni legate alle origini contadine del luogo, coglievano l’occasione per trasformare i canti in protesta, trasmettendo e veicolando messaggi di impegno civile, legati alle difese delle minoranze e al diffuso e palpabile disagio che permeava la società pomiglianese, così come accadeva a livello globale in tutto l’occidente.


Da questo excursus e da questa disamina di alcune delle amministrazioni succedutesi e di taluni uomini che si sono avvicendati al governo della nostra città, nonché delle varie tensioni sociali che, nel tempo, hanno animato la vita cittadina, possiamo concludere che Pomigliano d’Arco è stata sempre una comunità scossa da vivacità civile e  sociale, da lotte e battaglie fra le diverse ideologie politiche, per cui non ci dobbiamo meravigliare se anche oggi avviene ciò, in quanto è segno sicuramente di sensibilità degli abitanti verso le numerose problematiche che attraversano la società; è segno di amore degli stessi verso la propria città, che sentono di dover proteggere e migliorare; è segno di attenzione verso la classe politica che dovrà governarla.


Insomma, oggi come ieri, l’agone politico è aperto a tutti coloro che vi scenderanno e che vi combatteranno in singolar tenzone, con sagacia, rispetto per l’avversario politico e onestà intellettuale nei confronti dell’elettorato, affinché si concretizzi quel “buon governo” della città, che dovrebbe sempre contraddistinguere ogni comunità democratica e progredita.



Vera Dugo Iasevoli

 


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