Scuola: dal sussidario, al baule di libri fino alla digitalizzazione della conoscenza - di Mario Sorrentino

Mario Sorrentino • 24 giugno 2024

Di fronte al mare magnum di contenuti, di testi e di apparati didattici (sommari, riassunti, introduzioni, schede, questionari) delle antologie per il biennio e dei libri di letteratura del triennio (ma anche in quelli di storia o di filosofia), nella consapevolezza dell’innegabile impoverimento culturale delle nuove generazioni, si evidenzia con chiarezza un pesante paradosso: più i libri sono vasti (pesanti e costosi) meno gli studenti li utilizzano; più i libri propongono di approfondire meno i ragazzi approfondiscono; più i libri corredano i testi con riassunti e parafrasi, meno li leggono direttamente. Non è il caso di soffermarsi sul fatto che i libri di testo, così congegnati, siano in contraddizione con i risultati globalmente non rassicuranti conseguiti dai nostri alunni: bambini che non sanno leggere, per cui la lettura coincide con il compilare una noiosissima scheda; adolescenti che non leggono e non sanno scrivere, privi delle competenze di base, studenti che arrivano in università con un limitato grado di comprensione dei testi

di Mario Sorrentino (già Dirigente scolastico)


La scuola di una volta presenta alcune importanti differenze rispetto a quella di oggi. Quante abitudini cambiate in tanti anni, si utilizzavano due quaderni di tipo diverso: uno a righe per gli esercizi di scrittura, i temi, i dettati, insomma per lo studio della lingua italiana e, uno a quadretti per gli esercizi di matematica.Si studiava con due soli libri: il sillabario per imparare a leggere e a scrivere e il sussidiario che conteneva i rudimenti di matematica, storia,geografia. Successivamente negli anni '70 bastava un elastico per racchiudere libri e quaderni da portare a scuola da raggiungere a piedi percorrendo anche qualche chilometro, tutti i giorni andata e ritorno.


Poi sono nati gli zaini più o meno griffati, le auto che accompagnano i più piccoli, gli scooter di cui si servono i grandicelli. “Il progresso tecnologico” ormai inarrestabile ha modificato non poco le condizioni di accesso alle scuole per l’avvio dell’anno scolastico. La cultura odierna pare sempre più fortemente caratterizzata dall’orizzontalità, una dimensione di per sé inversamente proporzionale alla profondità. L’ampliamento dei contenuti disciplinari, frutto di studi specialistici e di per sé non certo negativo, si coniuga infatti con l’accessibilità alle informazioni in internet creando un effetto moltiplicatorio, da cui non sono esenti i libri di testo.


Di fronte al mare magnum di contenuti, di testi e di apparati didattici (sommari, riassunti, introduzioni, schede, questionari) delle antologie per il biennio e dei libri di letteratura del triennio (ma anche in quelli di storia o di filosofia), nella consapevolezza dell’innegabile impoverimento culturale delle nuove generazioni, si evidenzia con chiarezza un pesante paradosso: più i libri sono vasti (pesanti e costosi) meno gli studenti li utilizzano; più i libri propongono di approfondire meno i ragazzi approfondiscono; più i libri corredano i testi con riassunti e parafrasi, meno li leggono direttamente. Non è il caso di soffermarsi sul fatto che i libri di testo, così congegnati, siano in contraddizione con i risultati globalmente non rassicuranti conseguiti dai nostri alunni: bambini che non sanno leggere, per cui la lettura coincide con il compilare una noiosissima scheda; adolescenti che non leggono e non sanno scrivere, privi delle competenze di base, studenti che arrivano in università con un limitato grado di comprensione dei testi, etc.


La scuola per come la conosciamo oggi, dovrà necessariamente cambiare per restare al passo coi tempi e per riuscire ad avere presa sulle nuove generazioni. Il mondo sta cambiando, inutile negarlo. Ormai, pochissime persone riescono ancora a scrivere, ad esempio, con carta e penna, troppo abituate a digitare. Figuriamoci i più piccoli, nati già nel corso dell’esplosione del mondo virtuale: per loro è sempre più difficile confrontarsi con fogli, libri, penne e lavagne. Da quanto sopra, è evidente che la scuola va ripensata e proiettata in avanti.

Si tratta di scuole del futuro, che spesso pensiamo lontano da noi, in cui cattedre, zaini pesanti e le interminabili lezioni frontali non sono più utilizzate, sostituite da debate (dal francese dibattito) ed educazione tra pari (peer-to-peer), da metodologie innovative come Coopeerative Learning e Flipped Classroom e dallo strumento tecnologico I-Pad. Nelle classi ci si focalizzerà sul singolo studente, considerandone gli interessi, le capacità e le sue necessità; inoltre l’attività didattica dell’insegnante diventerà più interattiva e coinvolgente. La tecnologia sarà a sostegno degli insegnanti implementando così la modalità didattica learning by doing. Nelle scuole del futuro tutti verranno trattati equamente senza discriminazioni, indipendentemente dalla storia personale e dal rendimento scolastico; uomini e tecnologia andranno di pari passo e i percorsi scolastici saranno strutturati in modo tale da incentivare l’intraprendenza e la passione per l’innovazione sin dai primi anni. Verrà adottato un approccio di adaptive learning, le materie obbligatorie diventeranno trasversali all’interno dell'intero ecosistema scolastico, non limitandosi più solo all’ambiente di classe. Le attività in classe incentiveranno gli studenti ad applicare al mondo reale le conoscenze apprese, consolidando così i concetti e stimolando ulteriormente la curiosità. Pertanto, è essenziale ripensare ai contenuti in modo da renderli accessibili alle nuove generazioni, utilizzando strumenti come i social network, i podcast o i metaversi. Da qui la necessità di portare nella scuola le abitudini digitali che gli studenti già utilizzano al di fuori dell’ambiente scolastico. A tal fine, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) darà alla scuola l’opportunità e le risorse per raccogliere questa sfida. Però,b isogna evitare di perdere ancora una volta tempo: è giunto il momento di abbracciare il cambiamento, di guidare il processo di digital transformation nella scuola. Solo così potremo costruire un futuro migliore per la didattica, in cui i contenuti siano il motore trainante e l’accesso alla conoscenza sia garantito a tutti. È l’alba di un nuovo Mondo, quella di una nuova era cioè “la digitalizzazione della conoscenza” e dell’e-learning. Una società della conoscenza che punta direttamente ai processi cognitivi dell’animo umano. Un Mondo che attraversa il cammino della “comunità digitale”, dove il Pianeta nel suo esserci è “pars pro toto” come dice Papa Francesco. Al centro c’è la “persona iperconnessa”, con una forte connotazione di interazione tra nuove frontiere dell’apprendimento e della costruzione delle competenze.

 

 

 


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