Transizione ecologica, Simona Petrucci (FdI): "Centrare gli obiettivi green vuol dire ottenere l'indipendenza energetica dell'Italia"

Felice Massimo De Falco • 18 febbraio 2023

Transizione ecologica, Simona Petrucci (FdI): "Centrare gli obiettivi green vuol dire ottenere l'indipendenza energetica dell'Italia"

 L’Italia ha tra i suoi obiettivi primari la transizione ecologica. Innanzitutto di cosa parliamo?


La risposta è molto semplice: quando parliamo di transizione ecologica parliamo di qualcosa di indispensabile. Un processo essenziale se vogliamo che ogni società possa raggiungere il traguardo di una crescita e uno sviluppo tecnologico che siano sostenibili e organicamente inseriti nell’ecosistema. Il nostro mondo, le sue risorse, sono state sfruttate e brutalizzate per decenni. Oggi, sappiamo che un percorso diverso è possibile. Non esiste contraddizione tra i concetti di crescita e di rispetto dell’ambiente. Anzi, è esattamente l’opposto. Nello specifico si tratta di obiettivi fissati da tempo dalla Comunità internazionale: gli accordi di Kyoto e Parigi in questo senso, insieme alle nostre leggi di recepimento delle direttive comunitarie, sono pietre miliari. Il tema della transizione e dell’abbattimento delle emissioni ha dovuto fare i conti anche con la crescita dei paesi in via di sviluppo che, purtroppo, ancora non tengono conto di questi obiettivi e ne approfittano per fare concorrenza sleale. Ostacoli che siamo chiamati ad affrontare e superare.


Il governo ha destinato quasi 60 mld di euro al miglioramento dell’ambiente. Lei come li spenderebbe?


Il governo di Giorgia Meloni ha voluto lanciare un messaggio molto chiaro. A tal proposito esistono già delle linee di intervento che vogliamo portare avanti e che, da qui al 2026, dovranno dare una nuova impronta al Paese. Le risorse ci sono, a dimostrazione della volontà di un esecutivo consapevole del fatto che oggi i temi ambientali, che prima erano ritenuti frenanti, sono davvero abilitanti. Centrare gli obiettivi green significa ottenere l’indipendenza energetica (le crisi covid e guerra ci dimostrano quanto sia importante lavorare in questa direzione). Servono allora interventi strutturali ed efficienti, oltre a nuove infrastrutture che possano assicurare un’elevatissima produzione da fonti rinnovabili. Le leggi ci sono, le direttive anche: dobbiamo sostenere e attivare incentivi per favorire iniziative in tema di biocarburanti, biometano, energia solare e idrogeno verde (quest’ultimo gravato ancora da notevoli costi di produzione). Credo sia opportuno anche ricordare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che mette a nostra disposizione 600 milioni da destinare al settore del riciclo e dell’intero sistema dei rifiuti: oltre 160 progetti che, in tutta Italia stanno già vedendo la luce.


Uno dei punti centrali della transizione è l’economia circolare. Per far sì che avvenga quali sono i presupposti e i cambiamenti radicali che devono fare i cittadini?


La crisi internazionale che viviamo ci ha fatto capire una volta per tutte cosa voglia dire ritrovarsi in una situazione di carenza di fonti di energia, con i conseguenti e sensibili innalzamenti dei costi a carico di imprese e famiglie. Ecco l’esempio di quanto, specialmente in questi casi ma anche ogni giorno, sia importante il concetto di economia circolare, di recupero degli scarti per la produzione di nuove risorse. Anche in questo caso servono impianti per trattare in maniera adeguata il prodotto differenziato, ma anche intervenire sulla filiera produttiva. Quando si parla di cambiamenti radicali, tuttavia, è importante allo stesso modo parlare di un processo graduale, che non nasce da un giorno all’altro ma si sviluppa nel tempo. Questo è stato uno dei grandi obiettivi nei miei quasi 7 anni di assessorato all’ambiente nel Comune di Grosseto: la “rivoluzione gentile”, come amo chiamarla, ha bisogno di tempo. Le coscienze dei cittadini mutano gradualmente e la loro consapevolezza si forma negli anni, a partire da tutte le età. Un processo che, a Grosseto, abbiamo portato avanti con grandissima soddisfazione anche attraverso incontri di sensibilizzazione in strada, nelle scuole, sul posto di lavoro, persino sulle spiagge. È una sfida storica, che si basa sul comportamento di ognuno di noi e che è essenziale vincere.

 

Si parla molto di energie rinnovabili. Quanta convenienza c’è ad installare sulla propria casa pannelli fotovoltaici?


Stiamo parlando di una convenienza che, a mio giudizio, esiste a tutti i livelli. Seguendo il principio della sussidiarietà, ogni ente, dal più grande al più piccolo, ha il dovere di contribuire all’indipendenza energetica. E, come naturale, in questo processo rientra anche l’azione del singolo cittadino. Ognuno di noi ha la possibilità di creare una porzione, grande o piccola che sia, di efficienza energetica nella propria abitazione o nel proprio condominio. È sicuramente conveniente, soprattutto usciti da una fase transitoria che ha visto un’ampia speculazione. Avere una produzione energetica da fotovoltaico contribuisce senza dubbio a ridurre le spese. È un tema che, al di fuori di ogni dubbio, va incentivato con determinazione e che rientra nei nostri obiettivi, anche in considerazione del fatto che, ad oggi, molto tetti non sono idonei a recepire impianti fotovoltaici. Ci vorranno tempo e investimenti.


Si parla anche di impianti agro-voltaici per ridurre i gas serra. Se ne vedono in Italia?


L’agro-voltaico è un tema molto interessante, che potrebbe contribuire a ridurre sensibilmente i costi e i consumi anche nel settore agricolo. Si tratta dunque di un’opportunità su cui lavorare con attenzione e che vede il governo già impegnato concretamente, tenendo anche presente la necessità di preservare i nostri paesaggi. In tal senso, il Ministero della transizione ecologica lavora al decreto sui criteri e modalità per incentivare la realizzazione, entro il 30 giugno 2026, di sistemi agrivoltaici di natura sperimentale, in coerenza con le misure di sostegno agli investimenti previsti dal PNRR, per una potenza complessiva pari almeno a 1,04 GW ed una produzione indicativa di almeno 1.300GWh/anno. Saranno riconosciuti aiuti ai sistemi agrivoltaici avanzati che rispettano determinati requisiti, attraverso contributi in conto capitale e tariffe incentivanti. Potranno beneficiarne sia gli imprenditori agricoli, in forma individuale e collettiva, sia le associazioni di imprese.


Transizione ecologica è anche migliorare la rete elettrica e dell’acqua. Cosa si può fare in questo settore?


La rete elettrica è fondamentale. In questo campo c’è necessità di grandi investimenti. Si parla molto di auto elettriche ma è altrettanto chiaro che se oggi avessimo un gran numero di questi veicoli, la nostra rete molto probabilmente non sarebbe in grado di sostenere i picchi di tensione generati dalle postazioni di ricarica. Elettrificare i consumi del Paese è un obiettivo, ma allo stesso tempo si deve intervenire sulle infrastrutture. Questo ci consentirebbe di fare prevalere un ‘mix energetico’ ideale. Anche in questo caso faccio inoltre riferimento al PNRR: sono 500 milioni di euro di agevolazioni per la realizzazione di 31 progetti finalizzati ad aumentare la resilienza del sistema elettrico. L'obbiettivo è, entro il 30 giugno 2026, migliorare la nostra rete elettrica per un totale di circa 8200 chilometri, di cui 1.700 relativi alla rete di trasmissione e 6500 alla rete di distribuzione.

Le reti idriche sono altrettanto fondamentali per la transizione ecologica e nell’ambito della riduzione dei costi energetici. Oggi, il sistema idrico ha un ruolo chiave nelle attività in termini di smaltimento e trasformazione delle acque reflue e risultanti da processi produttivi. Domani, potrebbe averlo inoltre nella produzione di idrogeno. Anche in questo caso, gli interventi sulle infrastrutture sono essenziali: più si riducono le perdite di rete e gli sprechi, meno acqua dobbiamo prelevare dall’ambiente. Efficientamento di tutti gli impianti, dunque, con investimenti in interventi di ammodernamento e di miglioramento dei processi, soprattutto quelli depurativi.

 

C’è un paradosso: le case automobilistiche producono auto elettriche ma costano tanto come tanto costa ricaricarle. Allora che si fa?


Intanto dico che la decisione di vietare la vendita di auto a gasolio e benzina dal 2035 è una sciagura, una follia che ci viene propinata da logiche spesso legate alle lobby. È vero: oggi possiamo considerare l’auto elettrica come un bene di lusso. I costi di ricarica si sono già attestati ad un livello ben superiore a quelli che si affrontano per un pieno di carburante di origine fossile. Basti pensare che per circa 300km di autonomia si spende tra i 50 e i 60 euro in media. Per non parlare, poi, del fatto che queste auto ci esporrebbero a una pericolosa dipendenza tecnologica dalla filiere produttive asiatiche. La realizzazione di queste tecnologie, ad oggi, comporta veri problemi di sostenibilità. Al limite, si potrebbe interpretare questa follia del divieto dal 2035 come uno stimolo a trovare le giuste soluzioni, da parte dei produttori di motori tradizionali, per poter competere dal punto di vista delle emissioni con le macchine elettriche.


Come si contrasta il cambiamento climatico e si frena il dissesto idrogeologico?


 L’Italia, i suoi paesaggi, le sue risorse, sono la nostra principale forma di ricchezza. Un vero e proprio tesoro che ha bisogno di grandi investimenti. Troppo spesso (l’esempio più recente è la tragedia di Ischia dello scorso novembre) si verificano eventi come terremoti o alluvioni che provocano danni ben superiori alla loro effettiva entità. Questo deve cambiare. Il dissesto idrogeologico, ad esempio, si combatte con la pianificazione attenta e professionale, costruendo bene e con criterio, creando opere e infrastrutture in grado di assorbire gli impatti di una natura che, purtroppo, diventa sempre più imprevedibile e furiosa. Le cose da fare sono molte ma il Governo è al lavoro. A tal proposito, è delle ultime ore la notizia dello stanziamento di 5 milioni per la Val d'Aosta e 7 per il Trentino alto Adige proprio per attività di contrasto al dissesto idrogeologico. Allo stesso modo, il cambiamento climatico non può più essere un tema sbandierato e chiuso in un cassetto a seconda delle esigenze. L’impegno deve essere globale, questo è vero, ma ogni Stato può fare il suo: è recente, ad esempio, l'accordo che il Ministero dell’Ambiente e della sicurezza Energetica firmato con la Banca Mondiale, per l’erogazione di 10 milioni di euro al Fondo di Adattamento del Protocollo di Kyoto e dell’Accordo di Parigi, per finanziare progetti e programmi concreti di adattamento ai cambiamenti climatici nei paesi in via di sviluppo particolarmente vulnerabili. Continueremo senza dubbio a lavorare in questa direzione.


Come immagina l’Italia di domani?


 Immagino l’Italia di domani come un Paese sempre più profondamente convinto e consapevole della propria incredibile ricchezza di risorse. Una ricchezza che va protetta e curata per il bene dei nostri figli. Immagino un Paese che avrà compreso che non c’è alcun contrasto tra sviluppo e ambiente. Che la nostra forza è tutta lì: nel condividere un’idea di avanzamento che sia sostenibile, che miri alla rigenerazione, al riutilizzo delle risorse, al rispetto del mondo che oggi ci ospita e che domani sarà la casa delle generazioni che verranno.

 

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