Carlo Lottieri: "Vince la Meloni, ma tratterà coi poteri forti"

Felice Massimo De Falco • 15 settembre 2022

Carlo Lottieri: "Vince la Meloni, ma tratterà coi poteri forti; era giusto votare, a situazione generale oggi è molto critica, ma con ogni probabilità lo sarà ancor più tra sei mesi: quando avremmo avuto la scadenza naturale della legislatura; c’è urgente bisogno di uscire dalla logica giacobina e romanocentrica che caratterizza la storia post-unitaria, dando libertà d’azione a città e territori, che devono gestirsi da sé ed entrare in competizione tra loro: sulla falsariga di quanto avviene, per intenderci, in un Paese come la Svizzera; la leader di FdI sa bene che non si governa senza un qualche accordo con quanti dispongono di alcune delle leve fondamentali: dalla magistratura alla stampa. Da qui l’esigenza di operare una serie di riformulazioni del tradizionale discorso della destra italiana; Penso che la Meloni uscirà vincitrice e con lei tutto il centro-destra. Non escludo neppure, però, che l’esigenza di avere dalla propria parte il Quirinale, la Casa Bianca, Francoforte, le grandi imprese e i sindacati obbligherà i vincitori ad aggiungere qualche posto a tavola. Nelle democrazie contemporanee il voto conta, ma non tantissimo"

Era proprio necessario anticipare la fine della legislatura di sei mesi e andare a votare, per la prima volta nella storia della Repubblica, in piena sessione di bilancio, con una crisi energetica senza precedenti, con un crash economico annunciato dal mix di inflazione e guerra, con i rincari, con lo spettro delle chiusure delle aziende, con l’inflazione che si annuncia a due cifre?


Nella logica delle istituzioni democratiche, ogni tanto si deve pur votare e quando i problemi si fanno drammatici (anche a causa di una pessima gestione da parte dei governanti), forse è ancora più necessario che vi sia una qualche legittimazione elettorale in chi è chiamato ad assumere decisioni. La situazione generale oggi è molto critica, ma con ogni probabilità lo sarà ancor più tra sei mesi: quando avremmo avuto la scadenza naturale della legislatura. La possibilità di liberarsi di uno dei governi più statalisti e illiberali della storia repubblicana (basti pensare alle politiche sanitarie del ministro Roberto Speranza) credo che andasse colta, così com’è stato positivo che la legge di bilancio non sia stata scritta da un esecutivo proiettato verso le elezioni.


Come pensa che il nuovo governo debba fermare questo tsunami sociale?


Il nuovo esecutivo potrà far poco su alcuni fronti: penso ad esempio all’espansione monetaria, che si deve alla scelte della Bce. Dovrà però tagliare spesa pubblica e imposte, dando pieno autogoverno alle diverse realtà territoriali. C’è urgente bisogno di uscire dalla logica giacobina e romanocentrica che caratterizza la storia post-unitaria, dando libertà d’azione a città e territori, che devono gestirsi da sé ed entrare in competizione tra loro: sulla falsariga di quanto avviene, per intenderci, in un Paese come la Svizzera.


Meloni corre e gli altri inseguono. È questo il timbro di questa campagna mediatica?


Dinanzi allo strapotere del Pd e delle realtà che gli gravitano attorno (grandi imprese, intellettuali, media, alta burocrazia, ecc.), molti pensano che gli eredi del vecchio Movimento sociale possano rappresentare un’alternativa. È naturale che i sondaggi vedano in testa Fratelli d’Italia.


Come giudica il restyling culturale di Giorgio Meloni?


La leader di FdI sa bene che non si governa senza un qualche accordo con quanti dispongono di alcune delle leve fondamentali: dalla magistratura alla stampa. Da qui l’esigenza di operare una serie di riformulazioni del tradizionale discorso della destra italiana: un’operazione non così difficile se si pensa come i legami culturali tra destra e sinistra, in Italia, siano tanto significativi… Se, da un lato, Benito Mussolini era stato marxista e direttore de “L’Avanti” e se, d’altro lato, la sinistra è sempre stata innamorata del potere e di ogni logica programmatoria e top-down, questa riformulazione politica della destra post-missina alla non è un’operazione tanto difficile…


La sinistra sembra in difficoltà. Le strategie di Letta sono esiziali?


Da tempo la sinistra è confinata in alcuni bacini elettorali: larga parte della funzione pubblica e dell’universo ministeriale, il centro snob di Roma e quello di Milano, la grande impresa innamorata della programmazione di Stato, gli insegnanti di ogni ordine e grado, ecc. La società, però, è molto più complessa: e se da un lato i Cinquestelle hanno comprato la loro quota di elettorato con l’introduzione del reddito di cittadinanza, d’altro lato il centro-destra presidia quell’Italia moderata e anticomunista che è sempre stata maggioritaria dall’aprile del 1948 in poi.


In un contesto così polarizzato ha senso il Centro?


Non escludo che Calenda e Renzi riescano a ritagliarsi un loro spazio, giocando come satelliti dell’establishment targato Pd, ma con la possibilità di muoversi più autonomamente e quindi liberi di intrattenere relazioni con il centro-destra. Se questa alleanza è stata varata (e Renzi è un super-professionista della politica nazionale) non è escluso che una qualche frazione del potere alla fine finisca pure da quelle parti.


Che scenario prevede ex post, dato che il Rosatellum non offre quadri netti?


Penso che la Meloni uscirà vincitrice e con lei tutto il centro-destra. Non escludo neppure, però, che l’esigenza di avere dalla propria parte il Quirinale, la Casa Bianca, Francoforte, le grandi imprese e i sindacati obbligherà i vincitori ad aggiungere qualche posto a tavola. Nelle democrazie contemporanee il voto conta, ma non tantissimo.


Meloni probabilmente sarà premier. Qualcuno le consiglia di scegliere un federatore per paura dei mercato, che la farebbero cadere. C’è del vero?


Come ho detto, oggi abbiamo centri di potere (si pensi alla Bce, che compra i nostri titoli di Stato e fissa i tassi di interesse) che possono senza dubbio mettere in seria difficoltà una maggioranza politica. La semplificazione giornalistica evoca “i mercati”, ma è ovvio che ci sono sempre alcune manine che operano nell’ombra… La Meloni non è nata ieri: sa bene come il mondo funziona e penso che predisporrà qualche contromisura.


Intanto la Bce alza i tassi. Cosa sta accadendo?


Veniamo da molti anni caratterizzati da tassi di interesse tenuti artificiosamente bassi, per premiare gli indebitati e penalizzare i risparmiatori. Tutto questo ha favorito l’accesso al credito e, di conseguenza, ha contribuito a preparare questa stagione di alta inflazione. Ora le banche centrali provano a contrastare questa perdita del potere di acquisto della moneta, ma bisogna tenere ben presente – come già ho detto – che ragionamenti economici e calcoli politici spesso s’intrecciano.

Davanti a questa tempesta globale, abbiamo personale politico adeguato?

No. Non è soltanto un problema di limitata comprensione di quanto sta accadendo, perché non è certo di “professori” di cui a Roma c’è bisogno. L’inadeguatezza della nostra classe politica è tutta nel fatto che continua a guardare allo Stato centrale come alla soluzione, mentre si tratta del problema. In questo senso destra e sinistra si equivalgono, anche se è certamente vero che la maggiore concentrazione di potere si trova nei progressisti.


È stato un errore di Letta rompere con Conte?


Probabilmente è stato un calcolo sbagliato, dato che oggi nel Paese abbiamo circa 3 milioni di persone (intendendo gli interi gruppi familiari) che ricevono un reddito di cittadinanza e che ogni sondaggio attribuisce grosso modo questo stesso numero di voti a Conte e ai suoi. Anche se rispetto alle ultime elezioni legislative ha perso due terzi dei propri suffragi, la classe politica grillina dispone ormai di una sua base sociale ben definita.


Il 20 ottobre (forse data che slitterà) i leader del G7 dovranno riunirsi a Bruxelles per decidere il tetto al gas. L’Italia che parte dovrà fare?


Sono molto scettico sulla possibilità che si possa fissare un tetto a un prezzo, indipendentemente dai rapporti tra offerta e domanda. L’Italia dovrebbe invece fare tutto il possibile per favorire una fine delle ostilità tra russi e ucraini: non solo per i problemi legati al gas, ma anche per interrompere la carneficina in atto. Il guaio è che il cinismo dei politici sembra non vedere questi problemi e agita bandiere ideologiche che servono soltanto a far continuare una situazione insostenibile.

 

 

 


Carlo Lottieri è Docente di filosofia del diritto all’Università di Verona, Carlo Lottieri è uno dei interpreti di quel liberalismo radicale che contesta con forza ogni ingerenza dello Stato nella vita sociale, economica e culturale. Tra i fondatori nel 2003 dell’Istituto Bruno Leoni, negli ultimi due anni è stato anche molto critico nei riguardi della politica sanitaria dei governi Conte e Draghi. Nel corso dell’ultimo congresso è stato eletto coordinatore di Nuova Costituente, un’iniziativa politica che si propone di restituire libertà di autogoverno a tutti i territori.

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