Life on Mars? - la rubrica di salute mentale del dott. Vittorio Schiavone - Erste

Felice Massimo De Falco • 12 marzo 2023

Life on Mars? - la rubrica di salute mentale del dott. Vittorio Schiavone - Erste

“Perchè?”


Questa semplicissima domanda la lasciò spiazzata, come se fosse, nella sua testa, una cosa talmente ovvia da non necessitare di alcuna spiegazione. Non se lo era mai chiesto, evidentemente, e nessuno aveva mai provato a farlo per lei.
Era una ragazza molto bella, dai lineamenti eleganti e dai colori stranieri. Sarebbe potuta nascere in un qualsivoglia paese freddo dell’Est, ma era invece nato in un popoloso paese caldo della nostra provincia. Oltre a non averne l’aspetto, non ne aveva neanche i modi; non che ci si debba aspettare un comportamento particolare, e non che questo significasse alcunché di male. Era solo una piccola e dolce aliena che era capitata da queste parti come capitano le cose e le persone. Succedono, e basta.


 Studiava , ed era anche molto brava; e brava lo era stata sempre in ogni cosa avesse fatto fino ad ora. Se non avesse avuto un fratello, avresti detto che era la sindrome del figlio unico ad affliggerla; da figlio unico, e non per scelta mia e dei miei genitori, devo però confessarvi che tale sindrome affligge più gli altri che il solingo, che non si pone il problema e che non conosce l’alternativa. Pertanto, in una parola, non può fare confronti. Era brava in tutto, dicevo, e cantava e suonava e sapeva ballare; ed era bella, elegante e sapeva parlare, con una voce a tratti esitante che non doveva avere gli occhi per guardare ed orecchie per ascoltarsi, così da non poter trovare quella rassicurazione che cercava nell’evidenza. La realtà si interpreta come i sogni, ed i sogni sono difficili da interpretare per i sognatori.


 Mi faceva tenerezza, più che per la sua giovane età per quella necessità di primeggiare che conoscevo sin troppo bene. Che ricordavo sin troppo bene, a voler essere precisi, perchè se c’è una cosa che il tempo ha portato con se’ è stato permettermi di giocare in una categoria in cui non esiste il confronto, e non per mancanza di avversari. Ma questa è un’altra storia. Mi faceva tenerezza, dicevo, e me ne faceva ancora di più quando mi raccontava che la madre le faceva provare gli abiti prima di uscire, per convincerla che era deliziosa e che poteva conquistare il mondo. Il guaio era che il suo ruolo era quello della principessa, e lei sapeva di non avere un regno su cui regnare.


Tutto un già visto, in terapia come nella vita, in fondo: così potrebbe sembrare sulle prime, o potrebbe sembrarlo a chi in terapia non c’è mai stato, né da un lato né dall’altro. I disturbi sono tutti uguali, ma ogni paziente è paziente a modo suo. Pertanto, quello che senza alcuno sforzo avremmo potuto diagnosticare come un disturbo di personalità di cluster C (insieme a qualche altra cosa, che non vale neanche la pena di dire), nel caso di Erste (perchè l’avevano chiamata proprio così!) era il suo problema, ed il suo problema soltanto.


 Nulla era mai abbastanza, e tutto ciò che le riusciva bene ed eccezionalmente facile non poteva andare bene, perché si sarebbe potuto fare meglio. Il sacrificio è la misura del successo, aveva tatuato sul polso sinistro: glielo avevano fatto fare i suoi genitori, quasi un motto di famiglia. Che poi, erano tutti geni intorno a lei? No, non direi: era circondata da persone comuni o pseudo tali che si salvano come possono, mostrandosi al meglio e facendo finta di essere eccezionali in questa loro abusata normalità. È l’insidia del primeggiare, bellezza: ad ogni insicurezza corrisponde un antagonista immaginario pronto a sfruttare la nostra debolezza per arrivare primo.


Primo, come se tutto fosse una gara. Un gara in cui non sembrano esserci secondi posti, perchè il secondo è il primo dei perdenti. Perchè i perdenti esistono, ed è il loro un mondo di infamia. Sbagliereste a credere che, per converso, quello dei primi sia un mondo di lodi: se non vi è alternativa al vincere, la vittoria non porta con sé alcun premio, né alcuna soddisfazione. La vittoria dei condannati alla vittoria non ha piacere: porta solo con se’ il peso di queste aspettative di cemento, costruzioni così strette e spoglie da sembrare loculi claustrofobici proprio come certi pensieri, certe paure, certe situazioni.


Quelle stesse che si rifuggono, che si prova ad evitare nascondendoci, sottraendoci, restando immobili senza pensare che questa angoscia ce la portiamo dietro come la lumaca il suo guscio; ma è troppo pesante, e possiamo trascinarla solo entro i limiti della nostra casa, quest’altro contenitore di poco più grande che è invaso da queste guardie armate, l’esercito delle aspettative che ha la faccia di mamma e papà, anche quando mamma e papà ne sono inconsapevoli, anche quando mamma e papà non sono colpevoli, anche quando mamma e papà sono vittime essi stessi di questa eredità familiare che si trasmette più di una malattia genetica e che non viene trattata, drammaticamente troppo spesso, perchè assume le fattezze, della normalità, del vanto, del…

“Perché non c’è alternativa, Dottore”, lo diceva sempre con la “d” maiuscola, in segno di un rispetto che doveva esprimere, per non essere in difetto.

“Dammi del tu da oggi in poi, per favore. Non siamo poi così diversi io e te, sai?”.

Share

Tutti gli articoli

Autore: Giovanni Amitrano 23 ottobre 2025
"Chi come me ha attraversato grandi difficoltà mi affascina perché dentro di sé custodisce un sapere che non si trova nei libri: quello di chi ha sofferto, ha resistito e, nonostante tutto, ha continuato a vivere".
Autore: Valentina Manon Santini 23 ottobre 2025
Mercificare il dolore significa offendere tutte le donne che hanno subito davvero violenza — nelle mura domestiche, negli affetti, sul posto di lavoro. Anche chi, come me, ha conosciuto la violenza psicologica: la minaccia di isolamento, il tentativo di ridurti al silenzio, il ricatto sottile che ti vuole annientare, di chi ti dice “ti faccio terra bruciata, non lavorerai più. Questa è pornografia del dolore.
Autore: Felice Massimo De Falco 22 ottobre 2025
In un mondo che corre affannosamente verso l’oblio, dove il tempo divora le tracce dell’esistenza umana come un fiume in piena, Vera Dugo Iasevoli emerge come una guardiana della memoria collettiva. In questo libro, la professoressa non solo documenta fatti, ma infonde un’anima esistenzialista: il cimitero è “un silenzio che parla”, un “dormitorio” in attesa dell’alba eterna, un monito contro l’oblio. Valorizzando Pomigliano d’Arco – terra di patrioti, fede e resilienza – e i suoi avi, l’autrice ci invita a camminare tra le lapidi non come visitatori, ma come eredi di un’eredità immortale. Un’opera avvincente, essenziale per chi cerca radici nel flusso dell’esistenza: sì, si può fare, e si deve leggere.
Autore: Felice Massimo De Falco 5 ottobre 2025
In un’epoca in cui l’essere umano si riduce a un curriculum di successi effimeri, Vincenzo Siniscalchi emerge dal racconto di Domenico Ciruzzi non come un avvocato illustre – il “Maradona del codice penale” , potremmo definirlo con un’immagine che evoca dribbling geniali tra le maglie intricate della legge –, ma come un’esistenza autentica, un Sisifo napoletano che spinge il suo macigno non su per la collina del Palazzo di Giustizia, ma attraverso i vicoli della condizione umana, senza la paura di rotolare giù.
Autore: Redazione 19 settembre 2025
«Io non so perché mi sta succedendo questa cosa, so soltanto che ogni volta che guarisco qualcuno perdo un senso».
Autore: Marianna Marra 30 agosto 2025
Il film non si limita a rappresentare un caso isolato, ma dispiega inevitabilmente il racconto di realtà drammatiche più ampie che, con minuzia di particolari e sfumature emozionali, si fanno corpo e carne attraverso lo schermo.
Autore: Redazione 7 agosto 2025
Sorella Morte è un romanzo che sfida il lettore a confrontarsi con il mistero della vita e della morte, intrecciando il razionale e l’irrazionale in una narrazione avvincente. Il romanzo lascia una domanda esistenziale che risuona oltre le sue pagine: Se il male è un’eredità che scorre nel sangue, possiamo davvero sfuggire al nostro destino, o siamo condannati a ripetere gli errori dei nostri antenati?
Autore: Marianna Marra 28 luglio 2025
"Uno Stato laico deve dare ai cittadini la possibilità di decidere della dignità della propria vita e della propria morte."
Autore: Iazzetta Giuseppe 23 luglio 2025
This is a subtitle for your new post
Autore: Marianna Marra 3 luglio 2025
"I giovani e la salute mentale". Conoscere per normalizzare l'accesso alle cure, normalizzare per non stigmatizzare, non stigmatizzare per prevenire e curare senza paura né pregiudizio. Conoscere per potersi affidare, affidarsi per poter guarire.
Altri post