MARADONA, MESSI, I CAMPIONI DEL CONFORMISMO E I DIRITTI CON IL PALLONE DEGLI ALTRI

Vittorio Piccolo • 20 dicembre 2022

MARADONA, MESSI, I CAMPIONI DEL CONFORMISMO E I DIRITTI CON IL PALLONE DEGLI ALTRI

Per me Maradona è un dio e come tale bisogna solo adorarlo, non certo paragonarlo ad altri … che mai possono anche soltanto competere.

Ma, in quanto dio, egli ha più estimatori da morto che da vivo; tra questi chi approfitta della sua grandezza per trarne vantaggi.

E sono proprio quelli che ieri, con il mignolo alzato, bacchettavano Maradona per la sua vita sregolata e per le sue frequentazioni … ed oggi invece lo erigono a paladino del moralismo, paragonandolo a Messi e dicendosi sicuri che mai il grande Diego avrebbe indossato quella “tunica” “con tutto ciò che rappresenta”.

Ma sarà veramente così e da dove nasce questa sicumera?

Lo dico io da dove nasce: dall’arroganza mista a intolleranza e ipocrisia.

Punto primo (l’ipocrisia).
Diego era un fenomeno dentro e fuori dal campo, era un campione vero, argento vivo ed ha sempre odiato ogni ipocrisia. Ma non era certo un moralista e a Napoli ha frequentato il sultano dei quartieri spagnoli… altro che Qatar!

Punto secondo (l’intolleranza).
Quella “tunica” è in realtà il “Bisht”, uno dei capi arabi più prestigiosi che viene usato dai sovrani durante le cerimonie più importanti… e Messi è un sovrano (del calcio) ed è stato incoronato come tale da un altro sovrano, quel Al Thani corteggiato da tutto il mondo (Europa e USA in primis). Dunque nessun simbolo di oppressione ma un simbolo tipico della cultura che ha ospitato i mondiali.
Un po’ come quando il Papa indossa il copricapo indiano in Canada … o (fatte le dovute proporzioni) la Boldrini indossa il velo durante la sua visita alla moschea di Roma.
Chi siamo noi per criminalizzare le altrui culture?

Punto terzo (l’arroganza).
Ma non eravamo noi, portatori sani di civiltà, a voler a tutti i costi introdurre durante le partite simboli (più o meno arcobaleno) che nulla c’entrano con il calcio ma molto hanno a che fare invece con la “nostra” visione del mondo che teniamo tanto ad esportare (con le buone o con le cattive)? E com’è che ora ci lamentiamo del fatto che altrettanti messaggi simbolici siano (sapientemente) veicolati da chi in fondo questi mondiali li ha organizzati anche per far vedere e rivendicare davanti al mondo la propria cultura?

La verità è un’altra, a mio modesto parere.
È che noi, i cosiddetti occidentali, i giusti, i rei colonizzatori ci siamo ubriacati e corrotti dai nostri agi, dai nostri vizi e dal nostro egocentrismo e ci siamo autoemarginalizzati rispetto al resto del mondo.
Non vogliamo rassegnarci al fatto che altri mondi, altri popoli, altre potenze hanno visioni del mondo e valori del tutto diversi dai nostri e (spiace dirlo … ma ce ne accorgeremo presto) non vedono l’ora di dimostrarci la loro superiorità. Sopratutto se facciamo di tutto per unirli contro di noi.

Infantino, il capo della FIFA, l’ha capito e non ci ha pensato due volte a schierarsi apertamente con i nuovi potenti. Quando la barca sta per affondare, i topi scappano in direzione opposta alla falla; ma non si può incolpare i poveri animaletti al posto del comandante che ha centrato l’iceberg.

Ma come ha fatto una nave tanto solida, come quella occidentale, ad entrare in una tale rotta di collisione?
Forse, distruggendo quanto di più prezioso aveva, che la contraddistingueva da tutte: il proprio carattere, la propria identità, il collante dei popoli… la cultura.
Valori millenari sono stati progressivamente sostituiti da messaggi posticci e vuoti, dall’ esaltazione dell’ego in sostituzione a quella cellula primaria del vivere insieme, ossia la famiglia, alla misurabilità e materialità di ogni cosa. Non esiste più storia ne futuro, solo presente; tutto ha un prezzo … e poi ci lamentiamo quando ci comprano!

Ecco, questa è la vera lezione di Maradona. Mai ha mostrato arroganza e prepotenza, nonostante fosse il migliore; anzi si è sempre schierato con gli ultimi e tra gli ultimi … ma a testa alta e sacrificando tutto sull’altare delle proprie idee.
Il diritto di giocare con il proprio pallone.

di Vittorio Piccolo

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