Una straordinaria follia. Storie di disturbi mentali dietro a grandi leader. Il libro di Nassir Ghaemi
“La follia non è solo un’ombra, ma una luce che illumina il genio. Nei miei studi su grandi personalità, ho visto come il dolore mentale possa trasformarsi in forza creativa". Ghaemi, con quest’opera, ci invita a ripensare la leadership attraverso la lente della psichiatria, mostrando come qualità legate a disturbi dell’umore – realismo, empatia, resilienza e creatività – abbiano reso leader come Lincoln e Churchill eccezionali in tempi di crisi, mentre figure come Sherman e Ted Turner hanno brillato per la creatività bipolare. Combinando storia e psichiatria, Ghaemi dimostra che la ‘normalità’ di leader come Chamberlain o Bush può fallire, e che persino alcune follie, come la psicosi, possono generare dispotismo, offrendo una visione audace che destigmatizza la malattia mentale e ne rivela i benefici per la società.” La prefazione è a cura della professoressa Liliana Dell'Osso, Presidente della Società italiana di Psichiatria.
Negli anni Novanta, si è diffusa negli Stati Uniti l’idea che il disturbo bipolare, caratterizzato da oscillazioni dell’umore (mania e depressione), fosse associato a creatività, carisma ed energia. Leader come Churchill, Hitler e Mussolini potrebbero averne sofferto, con fasi di espansività maniacale alternate a depressione. Questo ha portato a ipotizzare che tali oscillazioni abbiano influenzato il loro ruolo e le loro decisioni. Kraepelin definì il disturbo “mania depressiva”, distinguendo le diverse gravità cliniche. Nassir Ghaemi, nel 2011, ha approfondito il legame tra bipolarità e leadership, sottolineando come la condizione possa aver favorito una visione rivoluzionaria in personaggi storici, nonostante le difficoltà personali. Tuttavia, non tutti i leader bipolari hanno avuto esiti positivi: molti, come Hitler e Mussolini, hanno portato a esiti tragici.
Nassir Ghaemi e altri autori, come
Wright, hanno evidenziato che il disturbo bipolare può essere associato a una maggiore creatività e capacità di innovazione, ma anche a vulnerabilità come iperattività, impulsività e sbalzi d’umore. La bipolarità non è solo un limite, ma può essere una risorsa, se ben gestita.
Nassir Ghaemi, psichiatra di fama mondiale, ci trascina con Una straordinaria follia. Storie di disturbi mentali dietro a grandi leader, in un viaggio indagativo sulle cosiddette “personalità omoclite”, dove la genialità si intreccia con il tormento. Pubblicato da Apogeo per l’edizione in italiano, il libro sottolinea il legame talvolta tra disturbi mentali e leadership, mostrando come la sofferenza possa forgiare leader capaci di cambiare il corso della storia o di deviarlo nella distruzione. Con 324 pagine, il volume è disponibile al costo di 25 euro.
La prefazione è di
Liliana Dell’Osso, presidente della
Società Italiana di Psichiatria e studiosa dei disagi mentali di figure come Dante, Caravaggio o Marylin Monroe, la scienziata italiana apre il libro con parole significative
“La follia non è solo un’ombra, ma una luce che illumina il genio. Nei miei studi su grandi personalità, ho visto come il dolore mentale possa trasformarsi in forza creativa".
Ghaemi, con quest’opera, ci invita a ripensare la leadership attraverso la lente della psichiatria, mostrando come qualità legate a disturbi dell’umore – realismo, empatia, resilienza e creatività – abbiano reso leader come
Lincoln e Churchill eccezionali in tempi di crisi, mentre figure come
Sherman e Ted Turner hanno brillato per la creatività bipolare. Combinando storia e psichiatria, Ghaemi dimostra che la ‘normalità’ di leader come
Chamberlain o Bush può fallire, e che persino alcune follie, come la psicosi, possono generare dispotismo, offrendo una visione audace che destigmatizza la malattia mentale e ne rivela i benefici per la società.”
Ghaemi disseziona figure iconiche con un’analisi che unisce rigore clinico e narrazione avvolgente. Abraham Lincoln, segnato da una depressione profonda, emerge come un gigante fragile: “Lincoln trasformava il suo dolore in empatia, unendo una nazione spezzata con la forza della sua sofferenza,” scrive Ghaemi, cogliendo il paradosso di un leader che trovò nella malinconia la chiave per la resilienza. Ghaemi descrive un episodio in cui Lincoln, durante la Guerra Civile, si trovava in uno stato di profonda depressione. Una notte, mentre vagava per la Casa Bianca in preda alla sua malinconia, incontrò un soldato ferito che gli chiese una lettera per la madre. Lincoln, nonostante il suo tormento, si sedette e scrisse una lettera commovente, trasformando il suo dolore personale in un gesto di connessione umana. La depressione di Lincoln non lo paralizzava; al contrario, alimentava una straordinaria capacità di comprendere il dolore altrui, rendendolo un leader capace di unire una nazione in crisi.
Winston Churchill, sospinto dal disturbo bipolare, è un altro pilastro del libro: “Nelle sue fasi maniacali, Churchill vedeva ciò che altri ignoravano; nella depressione, trovava il realismo per resistere,” riflette Ghaemi, mostrando come il “cane nero” di Churchill lo abbia reso un faro nella Seconda Guerra Mondiale. Ghaemi racconta di come Churchill, durante la Seconda Guerra Mondiale, in una fase maniacale del suo disturbo bipolare, lavorasse senza sosta, dettando discorsi infuocati e strategie militari fino a tarda notte. Un episodio specifico riguarda il 1940, quando, dopo il disastro di Dunkerque, Churchill tenne il celebre discorso
“We shall fight on the beaches” con un’energia quasi sovrumana, ispirando la resistenza britannica.
Mahatma Gandhi, immerso in crisi depressive, trasformò la vulnerabilità in visione: “Gandhi soffriva, e da quella sofferenza nacque la non violenza, un’arma più potente di qualsiasi esercito,” sottolinea Ghaemi, evidenziando la forza di un leader che si nutriva del proprio tormento interiore. Ghaemi narra di un momento durante la Marcia del Sale del 1930, quando Gandhi, nonostante crisi depressive e una salute fragile, guidò migliaia di indiani in una protesta non violenta contro il dominio britannico. In un episodio, mentre camminava sotto il sole cocente, Gandhi crollò per la stanchezza ma si rialzò, pronunciando parole che galvanizzarono i seguaci: “La nostra sofferenza è la nostra forza”
John F. Kennedy, con la sua ipomania e iperattività mentale, brillava sotto pressione: “Kennedy danzava sul filo tra audacia e rischio, un equilibrio che lo rese un leader per le crisi,” nota Ghaemi, catturando il carisma di un uomo che trasformava l’energia in ispirazione. Ghaemi descrive un episodio durante la
Crisi dei Missili di Cuba del 1962, quando Kennedy, spinto dalla sua ipomania, gestì la tensione con una combinazione di audacia e calcolo. In una riunione cruciale, mentre i consiglieri militari spingevano per un’invasione, Kennedy, con un’energia quasi febbrile, propose il blocco navale, una mossa rischiosa ma che evitò la guerra nucleare.
Adolf Hitler, invece, incarna il lato diabolico: “In Hitler, la follia non generò grandezza, ma distruzione; i suoi deliri lo portarono al baratro,” scrive Ghaemi, mostrando come i disturbi mentali possano amplificare il peggio in un leader.
Martin Luther King Jr., segnato da ansia e pressioni, trovò nella tensione una forza creativa: “L’ansia di King affinava i suoi discorsi e strategie, rendendolo un faro di giustizia,” osserva Ghaemi, celebrando un leader che trasformava il peso in azione.
Ghaemi non si limita a diagnosticare: propone
l’“ipotesi della follia”. “In tempi di crisi, i leader tormentati eccellono: la depressione dona empatia, l’ipomania audacia, la sofferenza resilienza,” afferma, contrapponendo figure come Lincoln e Churchill a leader stabili, meno efficaci in momenti estremi. Ma avverte: in pace, la stabilità prevale, e in casi come Hitler, la malattia mentale può devastare.
Una straordinaria follia è un’opera che non si limita a informare: ti cattura, ti sfida, ti spinge a guardare oltre il velo della stigmatizzazione della malattia mentale. Ghaemi, intreccia scienza e narrazione per rivelare un’umanità fragile e potente al contempo.
Ascoltiamo l’eco di Kennedy che proclama:
“Chiedi non cosa il tuo paese può fare per te”, e vediamo come la sua ipomania lo abbia reso un faro di speranza; sentiamo il sogno di
Martin Luther King Jr., “I have a dream”, amplificato dalla tensione che lo consumava, trasformata in un grido di giustizia. Ma Ghaemi ci ricorda anche una verità scomoda: genio e follia non sempre danzano insieme. Se in Lincoln e Gandhi il tormento ha generato empatia e visione, in Hitler ha alimentato un abisso di distruzione.
Certamente,
potremmo collegare i temi di Nassir Ghaemi ai leader attuali come Donald Trump e Vladimir Putin, analizzando come i loro profili psicologici possano riflettere alcune delle dinamiche esplorate.
Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, presenta tratti che potrebbero essere paragonati a quelli descritti da Ghaemi per leader come John F. Kennedy, che nel libro è associato a ipomania.
Ghaemi descrive Kennedy come un leader che “danzava sul filo tra audacia e rischio”, un’energia che lo rendeva carismatico e capace di brillare in crisi, come la gestione della Crisi dei Missili di Cuba. Qui Ghaemi cita un episodio di quando Kennedy, spinto dalla sua ipomania, gestì la tensione con una combinazione di audacia e calcolo. In una riunione cruciale, mentre i consiglieri militari spingevano per un’invasione, Kennedy, con un’energia quasi febbrile, propose il blocco navale, una mossa rischiosa ma che evitò la guerra nucleare.
Sorge un collegamento sullo
“stile mentale”di Trump che mostra un’energia che straripa oltre la ragione: la sua leadership è caratterizzata da decisioni rapide, spesso impulsive, e da una comunicazione diretta e polarizzante. Ad esempio, ha firmato oltre 50 ordini esecutivi dall’inizio del suo mandato nel 2025, una mossa che riflette un approccio unilaterale e audace, ma che ha suscitato critiche per mancanza di trasparenza relazionale e di elaborazione equilibrata delle decisioni.
Trump mostra un atteggiamento “me-centrico”, come evidenziato dal suo rifiuto di criticare Vladimir Putin perché quest’ultimo ha detto cose positive su di lui, o dal suo focus su questioni personali, come i commenti sui rating di
The Celebrity Apprentice durante la sua presidenza.
Questo
narcisismo può essere un’arma a doppio taglio: da un lato, il suo carisma e la sua sicurezza ispirano i seguaci, come dimostrato dal suo successo elettorale; dall’altro, la sua riluttanza ad accettare feedback e la tendenza a polarizzare possono ostacolare la coesione e la stabilità, specialmente in un contesto globale volatile.
Sebbene Ghaemi
non diagnostichi direttamente i leader nel suo libro, il suo concetto di “ipotesi della follia” si adatta: Trump sembra prosperare in situazioni di crisi, ma il suo stile potrebbe essere meno efficace in tempi di stabilità, come suggerito dall’analisi di Ghaemi sui leader “normali” come
Dwight Eisenhower.
Vladimir Putin, presidente della Russia, presenta un profilo che ricorda il lato più oscuro descritto da Ghaemi, come nel caso di Hitler, dove “la follia non generò grandezza, ma distruzione”. Ghaemi evidenzia come i disturbi mentali possano amplificare tratti distruttivi in certi leader, e Putin sembra incarnare questa dinamica.
Analisi psicologiche indirette, come quelle condotte dall’Unit for the Study of Personality in Politics (USPP), descrivono Putin come un leader dominante, con tratti narcisistici e un atteggiamento “freddo e calcolatore”. Uno studio del 2024 lo ha valutato con un punteggio del 41% in termini di funzionamento mentale, anch’esso nella fascia di “grave malattia mentale”, con tendenze antisociali evidenti nei suoi comportamenti, come il trattamento dei rivali politici (ad esempio, l’avvelenamento e l’imprigionamento di
Alexei Navalny) e l’uso di tattiche intimidatorie, come portare un cane a un incontro con
Angela Merkel
sapendo della sua fobia.
Il libro di Ghaemi ci insegna che
genio e follia non sempre combaciano. Sono in equilibrio precario. Ghaemi ci spinge a riflettere sui leader di oggi con una nuova consapevolezza. Ascoltiamo Trump che proclama: “Credo di essere stato salvato da Dio a Butler per una ragione: rendere l’America nuovamente grande”, e vediamo un narcisismo che lo spinge a brillare, ma anche a inciampare. Sentiamo Putin affermare: “Credo in Dio, e Dio è con noi”, un’eco di superiorità che lo rende inflessibile e pericoloso.
A ben vedere, è possibile fare un riferimento al libro
La democrazia del narcisismo. Breve storia dell’antipolitica di Giovanni Orsina
(Marsilio editore, 144 pag., 19 euro) all’interno del lavoro di Ghaemi, poiché i due testi condividono un terreno comune: l’analisi del comportamento dei leader e delle dinamiche psicologiche che influenzano la politica e la leadership, anche se con prospettive diverse.
Ghaemi si concentra sui disturbi mentali dei leader storici e su come questi possano aver contribuito alle loro capacità di leadership, mentre Orsina esplora il narcisismo come tratto psicologico e culturale che permea la democrazia moderna, contribuendo alla crisi della politica e all’ascesa del populismo.
Orsina potrebbe fornire un’ulteriore chiave di lettura: nel suo libro, scrive che “la promessa che tutti abbiano il massimo, ossia gli strumenti per raggiungere la felicità realizzando interamente e in piena autonomia il proprio progetto di vita, è connaturata alla democrazia”, ma questa promessa genera inevitabilmente tensione”.
Scrive il politologo:
“La politica non controlla più il futuro. Ha sempre meno senso, potere, respiro. La sua funzione principale, ormai, è fare da capro espiatorio per il risentimento universale”. Questo quadro aiuta a comprendere come il narcisismo non sia solo un tratto individuale, ma un fenomeno culturale che permea la democrazia moderna, influenzando leader e cittadini in un circolo vizioso di aspettative non colmate e antipolitica.”
Dunque,
la follia può essere una scintilla che accende il genio, ma è una fiamma che va saputa domare: se illumina visioni di pace e giustizia, come in Gandhi e King, eleva l’umanità; se alimenta deliri di potere, come in Hitler o nei leader odierni, rischia di condurre al baratro. La grandezza non è nella sofferenza, ma nel come la si affronta.
Un libro che brucia:
dove finisce il genio, dove inizia la follia? Forse la risposta la fornisce
Liliana Dell’Osso: “Si potrebbe perfino ipotizzare che l’umanità, per la sua evoluzione, abbia necessità della diversità, della neuroatipia, e che il disturbo mentale che vi si può associare comporti un rischio che da un punto di vista evoluzionistico vale la pena di correre”
“Lo stigma sui disturbi mentali fa ancora paura”, dice Ghaemi, ma notevoli passi avanti sono stati fatti. Si accetta poco il dolore, la società cerca di scacciarlo. Ma la sofferenza psichica può essere la leva di importanti consacrazioni. E questo libro lo dimostra: talvolta, i disturbi mentali sono materia per sublimare il fulcro di imprese politiche e non, che resteranno per sempre nella storia.
